Cenni
storici L'Apollon Musagète è un balletto
in due quadri composto da Igor Stravinskij nel 1927. A partire dal 1919 con la
suite "Pulcinella" Stravinskij aveva aperto il periodo neoclassico
confermato con l'opera-oratorio "Oedipus Rex" (1926/27). Stabilitosi
ormai in Francia, lo tentava l'idea di comporre un balletto in omaggio al Seicento
francese [...] ispirato a qualche momento
o episodio della mitologia greca, la cui plasticità avrebbe dovuto essere
trasfigurata dalla danza cosiddetta classica. L'occasione
si presenta quando la mecenate americana Elizabeth Sprangue Coolidge gli commissiona
una composizione su soggetto libero, della durata di circa mezz'ora, adatta a
un piccolo organico, per il Festival di musica contemporanea della Library of
Congress di Washington. Stravinskij scelse come soggetto, frequente nei Ballets
de cour seicenteschi, il mito greco di Apollo che istruisce le Muse e le conduce
al Parnaso. Il numero delle muse fu ridotto a tre:
- Calliope, musa della poesia;
- Polimnia, musa dell'arte mimica;
- Tersicore,
musa della danza.
Il balletto è strutturato
rigidamente in pezzi chiusi secondo lo stile tradizionale del balletto
classico (pas d'action, variations,
pas de deux, coda)
e, per esso, Stravinkij ridusse l'organico strumentale a un'orchestra d'archi
formata da violini I e II, viole, violoncelli I e II e contrabbassi.
La prima rappresentazione si ebbe a Washington il 27 aprile 1928 con la coreografia
di Adolph Bolm. Evidentemente l'allestimento non soddisfece il compositore che
offrì subito dopo la partitura a Sergei Diaghilev, impresario dei Ballets
russes, per i quali Stravinskji aveva già creato diversi balletti tra cui
L'oiseau de feu, Petrouchka, Le Sacré du printemps e
le orchestrazioni della Bella Addormentata di Chaikovski
e del balletto Chopiniana (Les sylphides) su musiche di Chopin.
La prima rappresentazione europea avvenne, quindi, il 12 giugno 1928 a Parigi
con la direzione dello stesso Stravinskji. La coreografia
era stata affidata al ventiquattrenne George
Balanchine. Da questo momento inizia una collaborazione fra i due artisti
che formeranno una coppia che segue e anticipa le altre 2 grandi coppie della
storia della danza: Chaikovski-Petipa alla fine dell'800, e quella Cage-Cunningham
tra il 1942 e il 1992. L'impianto scenico e i costumi
subirono varie modifiche e, un processo di eliminazione del superfluo è
continuato negli anni successivi, in tutte le direzioni, anche per quanto riguarda
scenografia e costumi. Fino ad arrivare alla soppressione del prologo con il parto
di Leto e la nascita di Apollo nel 1979. Questa è la versione definitiva
del balletto che viene rappresentata ancora oggi. Gli
estratti del balletto che prendo in esame provengono da questa ultima versione
di Balanchine e comprendono le
singole variazioni delle muse, la seconda
variazione di Apollo, il pas
de deux, la coda e l'apothéose
finale. Variazione
di Calliope La variazione di Calliope ha come epigrafe
due versi di Boileau (poeta e critico della corte di Luigi XIV)
Que toujours dans vos vers le sens coupant les mots Suspende l'hémistiche
et marque le repos. Si tratta di due versi
alessandrini (caratterizzati da due emistichi di sei sillabe separati da una cesura)
e di un chiaro riferimento al Seicento francese. Le prime quattro battute in 6/8
sembrano voler riprodurre le caratteristiche dell'alessandrino sia con i violini
che con il pizzicato dei violoncelli II. La coreografia si adegua e presenta due
brevi corse concluse, sulle pause, da una posa. Iniziano
poi delle battute in 9/8 scandite da un ritmo giambico risolto, coreograficamente
da dei piqués con posa sulla nota lunga o dei salti con la sospensione
in aria sempre sulla nota lunga. Le braccia sottolineano l'eloquenza della musa
sullo stesso ritmo. Le battute in 9/8 sono interrotte da accordi in 3/8 durante
i quali Calliope si ripiega su se stessa. La parte centrale
della variazione è in 3/4. La ballerina
esegue dei piccoli saltelli in punta, quasi a suggerire il pizzicato degli archi.
Seguendo questa cellula i movimenti non sono legati, ma ognuno di essi costituisce
una piccola posa. Anche la battuta in 4/4 conserva la
stessa cellula ritmica: le prime due note con la pausa si vanno a unire alle ultime
due della battuta precedente creando un disegno ritmico che Balanchine
risolve suddividendolo con 3 passi e con un assemblé.
E' da sottolineare il fatto che un passo spettacolare come un grand
jeté sia inserito su due note del violoncello solo, quasi a voler
sottolineare le pause di tutti gli altri strumenti mentre, tradizionalmente, questo
salto si può trovare al culmine di un crescendo o a chiudere una variazione,
comunque adeguatamente sottolineato dalla musica. Dopo
questa parte si ritorna al 9/8 e allo schema breve-lunga. Nelle ultime due battute
lo schema si inve te e in questo caso non è più l'equilibrio che
viene sottolineato, ma la chiusura dei passi. Emblematico, in questo senso, il
momento finale in cui la musa sfida Apollo con un grand battement
che si chiude però in
ginocchio di fronte alla disapprovazione del dio. Variazione
di Polimnia La variazione di Polimnia è un
Allegro caratterizzato dall'alternarsi del ritmo puntato, che ripropone lo schema
giambico con veloci quartine di sedicesimi sottolineate alla quarta battuta dal
pas couru della musa.
Dalla quarta battuta dopo il 45 le quartine di sedicesimi saranno costantemente
presenti fino al finale della variazione,
proposte di volta in volta dai vari gruppi di strumenti. La danza che ne risulta
è vivace, con gli elementi tradizionali dell'allegro
(salti e pirouettes), eseguita con
l'indice alla bocca a simboleggiare il silenzio mentre l'altro braccio si muove
nervosamente. Non ci sono equilibri tenuti a lungo ma i passi prevedono quasi
tutti una dinamica come i grand battements
sul ritmo (3 dopo 45) che servono a spostarsi in avanti trascinandosi la gamba
a terra. Subito dopo la musa esegue dei piqués
en attitude seguendo gli sforzati delle
quartine di sedicesimi, più lentamente nelle battute in 2/4 (uno ogni 2
quartine), più velocemente in quella in 3/4 (uno ogni quartina). Segue
un alternarsi di battute in 2/4 e 3/4 in cui Polimnia alterna degli attitudes
en tournant a dei piccoli passi
saltati. Polimnia esegue dei grandi salti con apertura
delle gambe a 180º quasi riproducendo il simbolo del legato dei violini.
Anche in questa parte possiamo vedere l'uso nervoso delle punte che ricordano
i sedicesimi. Al 50, invece, la musa esegue per tre volte
la combinazione di pirouettes terminate
in arabesque e chiuse con un grand
battement sul ritmo: ancora un esempio
dell'agilità fisica della musa. Si ritorna poi
ai piqués en attitudes sempre
seguendo lo schema di derivazione giambica lunga-breve.
Nel finale vediamo l'ultima dimostrazione di Polimnia. Sul trillo dei violini
e dei violoncelli la musa esegue una tripla pirouette
sottolineando il senso di sospensione che si è creato.
Ma l'errore è in agguato e, sul pizzicato seguente, vediamo la musa in
échappé con le braccia
che riproducono simmetricamente la V delle gambe: alla musa dell'arte mimica è
"scappata" una parola! Il punto coronato finale le dà la possibilita
di inginocchiarsi per chiedere perdono al dio contrariato. Variazione
di Tersicore Tersicore, dea della danza, unisce il
ritmo puntato con la velocità dei sedicesimi rappresentando, così,
l'unione tra poesia e eloquenza del gesto. La musa avanza
"pizzicando" il suolo, come se stesse suonando la sua lira. Il punto
coronato segna un momento di arresto. Tersicore ha fatto la sua entrée
e si prepara a iniziare la sua variazione
fermandosi in posa come succede in tutte le variazioni tradizionali.
Segue una ripresa del ritmo iniziale che lascia subito spazio a variazioni continue
dello schema lunga-breve rese quasi impercettibili dalle legature. La musa avanza
con dei piccoli salti en tournant
che le permettono di attraversare la diagonale velocemente ma con fluidità,
proseguendo con un manège di
grand jetés che non temono
il confronto con Polimnia. Dal 54 un ritmo che è
sempre una variazione del giambo è risolto anche qui con dei piqués
en arabesque interrotti sulla serie
da una camminata sui talloni che ricorda quella di Charlot. Elemento, questo,
assolutamente "anti-accademico" visto che, di norma, il ballerino procede
sempre appoggiando la punta del piede prima del tallone.
A questo punto seguono due développés
i cui momenti chiave (inizio, attitude,
conclusione in arabesque penchée)
si trovano sugli sforzati dei violini II (2 prima di 55).
Nella parte seguente, sono presenti 4 fermate su punti coronati che permettono
a Tersicore di fermarsi in posa dopo dei passi d'ispirazione moderna, nei quali
il baricentro della ballerina viene "tirato"
fuori equilibrio. Tersicore prosegue, aumentando la velocità,
con passi classici (attitudes e arabesques)
fino al salto en tournant attaccato
sul forte di violini e violoncelli. Dal 56 inizia una
sezione nella quale la musa scivola con movimenti tesi e uniformi senza curarsi
dei crescendo e diminuendo. Ammetto di non essere riuscita a capire il ritmo seguito,
non sono riuscita a trovare punti di riferimento. Al
57, seguendo il ritmo giambico, Tersicore cambia tono ed esegue dei piccoli e
veloci pas de bourrées
con fine sulla breve. Tre battute dopo 57 troviamo una
pausa, che la ballerina sfrutta per iniziare una serie di grand battements
prima di finire, sul trillo dei violini, con un lento cambré
di fronte al dio. E' da notare come lei sia l'unica musa a ricevere l'approvazione
di Apollo e a non inginocchiarsi di fronte a lui. Ragion per cui, sarà
lei a ballare il pas de deux con
il dio. Variazione
di Apollo La variazione di Apollo inizia su accordi
maestosi in 3/4 su cui il dio afferma la sua origine divina protendendo le braccia
all'Olimpo e aprendo il petto. Questa apertura ricorrerà più volte
nel corso della variazione, non solo nelle
riprese degli accordi iniziali, facendo del petto il centro espressivo di Apollo.
Dopo le prime 4 battute, dove vediamo l'alternarsi di 3/4 e 2/4 caratteristico
di questa variazione, inizia la vera e
propria esibizione del dio che alterna elementi rigorosamente accademici a passi
moderni, ispirati allo sport. Infatti, sul veloce pizzicato dei violoncelli, Balanchine
ha pensato di inserire degli entrechats
terminati da un calcio. Sull'ormai familiare ritmo puntato
Apollo esegue dei piqués che lo portano in un'altra posizione che
ritornerà più avanti, con un braccio teso in avanti e l'altro dietro
la schiena. In questa posizione il dio apre e chiude alternativamente le mani
sugli ottavi alternati di violoncelli da una parte, e violini e viole dall'altra.
Dopo un momento di legato, risolto attraverso un developpé
avanti seguito da un temps lié,
troviamo delle quartine di sedicesimi in 3/4 sulle quali Apollo si sposta eseguendo
dei battements frappés
. Al 60, sulla serie di ottavi vediamo tornare l'idioma
sportivo con una serie di calci che sembrano alludere, appunto, al gioco del calcio.
Questi calci sono preceduti da un passo di preparazione sul ritmo.
Al 61 tornano gli accordi iniziali, dopo i quali, sul ritmo in 3/4, vediamo una
camminata strana che potrebbe alludere alla corsa. Ritorna
anche la posizione con un braccio dietro e uno avanti; questa volta, però,
si alternano il contrabbasso con il resto degli archi (3 prima di 63). Al
63 torna lo schema lunga-breve sul quale Apollo esegue dei piqués
che si aprono verso l'alto e dei pliés
richiusi su se stesso. Tornano anche le serie di sedicesimi
sulle quali il coreografo ha inserito
dei movimenti spezzati e nervosi prima di tornare agli accordi iniziali.
Sul rallentando finale il dio si porta, girando su se stesso, alla posizione iniziale
del pas de deux.
Vediamo i due ballerini in attesa di iniziare, tesi verso direzioni opposte, uniti
solo dalla punta delle dita. Questa posizione amplifica il senso di sospensione
creato dal punto coronato finale. Pas
de deux Il pas
de deux di Apollo e Tersicore è stato definito il culmine melodico-lirico
del balletto. Lo è sicuramente anche
dal punto di vista della coreografia.
Si tratta di un adagio in 4/8. Ho già scritto della tensione creata alla
fine della variazione di Apollo. Da questo contatto, segue un avvicinamento progressivo
dei due personaggi che partendo dallo sguardo, man mano che entrano i diversi
strumenti, arrivano a tenersi per mano. In questo modo, Tersicore ha un appoggio
per eseguire il movimento simbolo dell'adagio:
un lento developpé. Segue
una promenade in arabesque che termina
in arabesque penchée. Si tratta di un legato "danzante"
che ripropone quello musicale, tutto è fluido senza stacchi bruschi, anche
le pause sembrano inserirsi come naturale proseguimento del discorso. Nelle 3
battute nelle quali è collocata la "presa" notiamo un aumento
dell'intensità. Nella sezione seguente, sul ritmo
dato dal pizzicato dei violini, si alternano gli arabesque
penchée della musa e la camminata alla "Charlot" già
vista precedentemente. Dal 67 si ritorna a un legato,
e ritroviamo il ritmo giambico. Su questo ritmo Tersicore viene fatta scivolare
in spaccata a terra, per poi essere risollevata in
arabesque. Sullo stesso ritmo Apollo esegue
dei demi-tours con la musa sollevata. Tersicore riempie lo spazio tra la
lunga e l'inizio della breve (come fanno i pizzicati dei contrabbassi) con movimenti
delle braccia. A questo punto troviamo un "botta
e risposta" fra la musa e il dio. Quest'ultima cellula ritmica viene poi
ripetuta in una battuta in 3/8 durante le quali i ballerini si portano in arabesques
simmetrici. Alla fine, però, c'è una temporanea sfasatura del ritmo
seguito dal coreografo che riempie una
pausa con un veloce cambiamento di gambe. Dal 69, la
stessa formula ritmica è ripresa in 4/8. Anche in questa fase vediamo abbandonare
momentaneamente questo ritmo; per seguire, ad esempio, il pizzicato delle viole
(2 dopo 69), creando anche una sfasatura di ritmo fra i due personaggi che si
"recuperano" sul solito ritmo. Verso la fine
(1 dopo 70), vediamo ricomparire il ritmo giambico. Eeguito in legato permette
a Tersicore di concedersi una lezione di nuoto sulle spalle di Apollo.
Sugli accordi finali vediamo il formarsi dell'ultima figura di questo pas
de deux. I due ballerini sono in cambré
e Apollo accoglie Tersicore nel suo arco formando, con lei, un'unica figura. Coda La
coda è suddivisa in tre parti, segnalate da una battuta di silenzio e dalle
diverse indicazioni agogiche: vivo (71-72), sostenuto (73-85), agitato (86-95+5).
Balanchine lascia scorrere due
battute con Apollo e Tersicore, che hanno appena terminato il pas
de deux, in posizione di riposo di fronte al pubblico. In realtà,
si tratta di una posizione in tensione, visto che sono subito pronti ad attaccare
con l'inizio della terza battuta. Il tempo è in 2/4 ma, naturalmente, non
c'è niente che ricordi una marcia! C'è, invece, un disegno di sedicesimi
che permette a Calliope e Polimnia di entrare in scena.
Al 72 troviamo un disegno più familiare, con la suddivisione in 4/8 ugualmente
marcati. Balanchine rispetta questo disegno e costruisce un gioco di botta e risposta
fra le due coppie (Apollo-Tersicore e Calliope-Polimnia) che eseguono gli stessi
passi allontanandosi e avvicinandosi alternativamente dal centro. L'ultima battuta,
in 3/8, è utilizzata per far uscire di scena Apollo e Tersicore e per la
preparazione delle altre due muse. Il tempo passa a 6/8
e la cellula ritmica torna ad essere la variante del giambo, mentre il ritmo è
dato dall'unione di due coppie. Balanchine
tratta diversamente questi valori, anche riallacciandosi alla linea melodica.
All'inizio, per esempio, le muse compiono un movimento ondulatorio in due tempi.
Subito dopo ci sono dei passi puntati che seguono la cellula ritmica fondamentale,
seguiti da dei relevés arabesque
con ritorno a terra in due tempi. Si ritorna poi al disegno precedente con dei
demi-tours seguiti da veloci pas
de bourrées. Dal 76 il disegno ritmico
cambia. Le muse alternano dei relevés
arabesque a delle pirouettes
eseguite simmetricamente. Dal 78 si alternano un temps
levé en arabesque e un
grand jeté . La stessa combinazione
è seguita sullo stesso ritmo anche nelle battute seguenti in 2/4.
Al 79, sulle terzine caratteristiche di questa coda, entra in scena Tersicore.
Appena riprende il tempo in 6/8, la musa inizia un assolo che segue la linea dei
violini, nello stesso tempo sottolinea con le punte il ritmo dato dai violoncelli.
Ne risulta una danza "sincopata" dove gli accenti continuano a cambiare
creando un senso di instabilità. Entra in scena
anche Apollo (2 prima di 82) e inizia un assolo nel quale ho perso un'altra volta
i punti di riferimento. Musica e danza mi sembrano procedere in autonomia anche
se, conoscendo le idee di Stravinskji e Balanchine,
ci deve essere sicuramente un'intima connessione per quanto riguarda i tempi.
Sono riuscita a ritrovarmi nella scena dell'altalena, dove il dio mostra la sua
prestanza fisica seguendo il ritmo già incontrato. All'86
inizia la terza sezione. Il ritmo è una variante in 2/4 di quello incontrato
all'inizio. I quattro personaggi danzano insieme, dapprima semplicemente, sulle
due battute vuote che segnano il ritmo, come era successo all'inizio della seconda
sezione. Man mano che si arricchisce la linea melodica anche la coreografia
si arricchisce con cambi di direzione e passi che si intrecciano con la melodia
e portano, insieme ai cambi di intensità verso la scena del "carro".
Sul ritmo giambico le muse, appoggiate alla mano di Apollo,
eseguono, alternativamente, dei relevés
arabesque e dei developpés
iniziando a dare forma all'immagine del carro del dio del sole. Questa, diventerà
chiara quando i quattro simuleranno una corsa sfrenata.
Le muse-destrieri eseguono dei relevés
arabesques, con dei movimenti di testa
e braccia che ricordano il movimento della testa dei cavalli in corsa. Apollo
cerca di trattenerle in plié.
Secondo me, e spero che Stravinskji non mi fulmini mentre lo scrivo, anche l'aspetto
timbrico ricorda il nitrito dei cavalli. Comunque, è sicuramente una suggestione
creata dall'immagine. Dal 96 troviamo dei legati con
cambi d'intensità. Il ritmo diventa più lento e i personaggi avanzano
verso il proscenio con movimenti fluidi. Nelle ultime
battute, sulle scale di ottavi sopese con delle legature di valore, il dio gira
su se stesso si ferma, spaesato ed esausto. Le muse sono
premurose e, sul pizzicato, lo sollecitano a riposarsi fra le loro braccia. Apothéose Gli
accordi di violini e viole risvegliano il dio. Gli accordi di violoncelli e contrabbassi
fanno inchinare le muse. Su questo alternarsi fra attrazione verso l'alto e spinta
verso il basso si apre la fase conclusiva del balletto. Apollo
si sente richiamato da Zeus, le muse aspettano le decisioni del dio.
Su un tempo in 4, Apollo invita le muse ad alzarsi e le prende fra le sue braccia.
Così "agganciati" incominciano a formare delle figure plastiche
che si adattano al ritmo lento e ai cambi d'intensità.
Una volta in piedi, sempre restando uniti, si spostano intrecciandosi e sciogliendosi.
I piedi seguono il tremolo di violini e viole, ma la figura nel suo complesso
sembra seguire la formula giambica che ricorrerà fino alla fine. Sciolto
il gruppo, le muse si allineano davanti ad Apollo. Sul ritmo giambico reso solenne
dagli accordi, le tre compagne si inchinano davanti al dio. Sullo stesso ritmo,
Apollo le risolleva in punta tenendole per la mano. Una
prima di 101, gli ottavi di violini secondi e viole danno il ritmo per l'ascesa
al Parnaso: Apollo guida le muse, Tersicore in testa, verso la loro nuova dimora.
Sugli ultimi tremolo, allungati dal punto coronato finale, si forma l'ultimo gruppo:
le tre muse si uniscono alla schiena di Apollo, le diverse altezze dei loro arabesques
insieme alle braccia tese del dio formano la figura del sole. Conclusioni Una
cosa che mi aveva colpito di questo balletto,
la prima volta che l'ho visto qualche anno fa, era stata la sua "pulizia".
Non intendo solo la linearità e la chiarezza formale che sono tipiche delle
coreografie di Balanchine,
ma un generale senso di uniformità. Adesso so che anche la musica di Stravinskji
tendeva a costruire questo effetto, con la scelta dell'orchestra d'archi che offre
una minore varietà di timbri. Il compositore era
stato costretto a limitarsi da precise disposizioni che gli erano state imposte.
Balanchine fu ispirato dalla partitura e si sentì spronato all'autolimitazione:"
La partitura di Apollon sembrava dirmi che potevo, per la prima volta,
osare e non utilizzare tutte le mie idee; che potevo anch'io eliminare. Limitando
e riducendo quelle che sembravano essere le mille possibilità di approccio
alla musica iniziai allora a vedere come potevo chiarire l'unica via davvero inevitabile".
Inevitabile, forse, è uno degli aggettivi adatti a questo balletto. La
prima volta che ho visto il balletto mi
è sembrato assolutamente perfetto, non c'era niente che avrei cambiato.
Mi sono sentita trascinata, senza scossoni, fino alla conclusione che, pur essendo
un momento plastico innovativo, mi è parso, appunto, inevitabile. D'altronde,
sulla stessa musica, ci sono state poche altre versioni coreografiche, rimaste,
comunque, in secondo piano. Rispetto, per esempio, alla quantità di "Sacré
du printemps" presenti sulle varie scene mondiali. Personalmente la mia
versione preferita del Sacré è quella di Pina Bausch, ma
ammetto che ci sono altre versioni interessanti anche tra quelle di cui ignoro
l'esistenza. Sicuramente una certa convergenza d'intenti
unisce Balanchine e Stravinskji.
Questo balletto d'altronde li conferma come
leader dei movimenti neoclassici nelle rispettive arti. Il compositore nelle Cronache
della mia vita loda il lavoro di Balanchine,
trovandolo aderente alle sue intenzioni, che erano quelle di creare un balletto
nello spirito del ballet blanc
e nello stile pulito della danza accademica.
Forse non si rende conto, o non lo esplicita, che il neoclassicismo di Balanchine
è avvicinabile al suo. Non si tratta di una mera riproposizione di formule
e schemi del passato, ma di una rielaborazione aperta a contaminazioni moderne.
Da questa comune idea di neoclassicismo si possono rintracciare le differenze
fra partitura e coreografia.
All'inizio ho accennato al fatto che Stravinskji, con questa composizione, voleva
rendere omaggio al Seicento del Roi Soleil. Questo è visibile nel soggetto
e nella riproposta dell'alessandrino, o nel continuo alternarsi fra parti soliste
e totali che richiama la struttura del Concerto Grosso. Soprattutto si trova nel
ritmo puntato che, nelle sue continue varianti, unisce le varie parti del balletto.
L'Apollo di Balanchine non ha niente
del Roi soleil. Si tratta di una divinità assolutamente moderna e sportiva,
per niente compassata. Inoltre il senso di evanescenza,
rintracciabile nel finale dell'Apothéose, non è assecondato
dal coreografo che pare ricomporre, dopo
la sfrenata coda, un ordine cristallino e sereno. I due
artisti erano sicuramente accomunati per il loro approccio puramente formale e
per l'autonomia che riconoscevano alle due arti. La connessione fra danza e musica
non doveva appiattirsi sul piano espressivo ma approfondirsi sul piano esecutivo.
In altre parole, forse dobbiamo credere davvero che Balanchine
arrivasse in sala prove con un metronomo, tanta era la sua paura di "interpretare"
la musica, e di non rispettarne la struttura formale. D'altronde Balanchine
richiede ai suoi danzatori semplicemente di eseguire la coreografia,
non d'interpretarla, non c'è molto spazio per l'affermazione individuale.
Analogamente Stravinskji implorava direttori e musicisti di non interpretare la
sua musica. A questo proposito, vorrei aggiungere una
mia considerazione finale. Sicuramente il soggetto di Apollo e le muse è
un pretesto per le intenzioni formali degli autori. Sicuramente l'azione non procede
da intrecci di derivazione psicologica, ma si snoda solo da input formali.
Comunque, questo non ha impedito al balletto
di emozionarmi profondamente , tanto che sono rimasta con un groppo in gola alla
fine che mi impediva di appludire. Anzi, gli applausi mi disturbavano parecchio!
Il pas de deux evoca l'amore e la
tenerezza non meno di un balletto narrativo. E' forse
questa capacità di evocare sensazioni ed emozioni (ahi...), oltre alla
perfezione (almeno, dal mio punto di vista) estetica, che non mi fa stancare di
vedere questo balletto anche dopo l'overdose creata da questa tesina! |