Sylvie
Guillem ha l'innata capacità,
con la sua presenza magnetica,
di scatenare l'entusiasmo dei
pubblici di
danza
di tutto il mondo e di raccogliere
critiche entusiastiche da parte
della maggioranza dei critici.
Riesce ad adattare perfettamente
le sua capacità tecniche
ed artistiche a tutti i ruoli,
caratterizzandoli con virtuosismo
ed esotica teatralità.
Dotata di un corpo ideale
per l'interpretazione della
danza
come viene oggi concepita,
alta, magra, con le gambe
morbidamente arcuate cui unisce
una presenza scenica eccezionale,
accentuata dai lunghi e luminosi
capelli rosso nocciola e dai
penetranti occhi verdi.
Come se questo non bastasse,
è dotata di una tecnica
fenomenale, con una fluidità
di linea
in tutte le parti del suo
corpo e una grazia naturale
che le consente di interpretare
sia i ruoli classici che quelli
contemporanei, cui unisce
una incredibile velocità
di esecuzione che dimostra
in vorticosi fouettés,
rimanendo perfettamente in
aplomb al termine
di complicati passi ed evoluzioni.
Ma ciò che letteralmente
sorprende è l'estensione,
quasi innaturale, delle gambe,
che se a volte lascia perplesso
qualche critico, scatena l'entusiasmo
del pubblico. In equilibrio
su una punta,
è capace di sollevare
l'altra gamba, senza sforzo
apparente - come se si trattasse
della crescita di un fiore
in un film al rallentatore
- fino a raggiungere una linea
perfettamente a 180°,
e a volte anche oltre, rispetto
alla gamba di appoggio. Alcuni
critici conservatori sostengono
che non vi sia spazio per
simili dimostrazioni nel balletto
classico, che ciò
non sia estetico, bensì
volgare. Comunque, è
diventato una sorta di suo
personale "marchio di
fabbrica", la sua personale
interpretazione della danza
ed è ciò che
spinge il pubblico ad accorrere
numerosissimo agli spettacoli
da lei interpretati.
Sylvie Guillem è nata
a Parigi il 25 febbraio 1965.
Sua madre era un'insegnante
di ginnastica e Sylvie, che
dimostrava una precoce e naturale
attitudine e una grande flessibilità,
fin dalla più tenera
infanzia ne seguì gli
insegnamenti. Sotto lo sguardo
attento della madre ebbe modo
di sviluppare forza elastica
nella parte superiore della
schiena e nelle braccia e flessibilità
nei movimenti in estensione.
Ben presto iniziò a partecipare
a competizioni e pochissimo
tempo dopo fu selezionata per
la squadra olimpica francese.
Il suo ingresso nel mondo
della danza
fu casuale. Durante un programma
di incontri fra gli atleti
della ginnastica artistica
e l'École de Ballet
dell'Opéra di Parigi
(presso la quale i suoi istruttori
già svolgevano la funzione
di allenatori) i sogni di
Sylvie presero una strada
differente. Infatti il direttore
della Scuola, Claude Bessy,
notò la ragazzina e
ne intravide il potenziale
come ballerina
e le offrì una borsa
di studio. A 11 anni iniziò
quindi a danzare e i cinque
anni di permanenza alla Scuola
svilupparono in lei una solida
e ben strutturata tecnica
oltre che l'opportunità
di esibirsi nei gala di fine
anno nei ruoli da lei preferiti.
A 16 anni entro a far parte
del corpo
di ballo dell'Opéra
di Parigi e in soli due anni
scalò rapidamente la
gerarchia del balletto.
Nel 1983, subito dopo aver
vinto la medaglia d'oro al
prestigioso Concorso Internazionale
di Balletto di Varna, fece
il suo esordio sotto i riflettori.
Il pubblico francese di balletto,
notoriamente assai esigente,
ne fu choccato e immediatamente
iniziò ad interessarsi
a lei. Fu promossa a sujet
e fece la sua prima apparizione
come solista nel ruolo della
Regina delle Driadi nel "Don
Chisciotte" per la
coreografia
di Rudolf
Nureyev.
Il 1983 fu anche l'anno in
cui il grande ballerino russo
divenne direttore artistico
dell'Opéra Ballet di
Parigi, la più antica
compagnia nazionale di balletto
del mondo. Immediatamente,
Nureyev
iniziò a concentrarsi
per far emergere i giovani
e a coinvolgere il personale
della compagnia per sviluppare
la propria visione artistica.
Per Sylvie questa rappresentava
una grande occasione per dimostrare
il suo valore e per imprimere
un segno personale ai ruoli
che le venivano offerti. Interpretò
svariati ruoli solistici nelle
coreografie di Nureyev,
così come nei balletti
del repertorio classico e
nei principali lavori di maestri
contemporanei come Balankine,
Petit, Robbins, Forsythe,
Van Danzig e Armitage, avendo
così modo di sviluppare
ulteriormente il suo stile
e la sua capacità tecnico-artistica.
Il 19 dicembre 1984, Sylvie
Guillem fu promossa a prima
ballerina ma, solamente
cinque giorni più tardi,
dopo la sua interpretazione
de "Il
Lago dei Cigni" per
la coreografia
di Nureyev,
divenne la sua più
giovane étoile.
Nei principali ruoli da lui
stesso interpretati, Nureyev
la volle spesso accanto come
sua partner. Fu la sua Giulietta
("Romeo
e Giulietta"), la
sua Quitri ("Don
Chisciotte"), la
sua Raimonda ("Raimonda")
e, nel 1986, creò il
ruolo di Cenerentola per la
versione ispirata alla cinematografia
hollywoodiana coreografata
dallo stesso Nureyev,
nella quale divideva la scena
con enormi modelli di Betty
Grable e di King Kong e si
produceva in un numero di
tip-tap abbigliata come Charlot,
l'indimenticabile personaggio
di Charlie Chaplin. Più
tardi, lo stesso anno, la
televisione francese la riprese
nella sua interpretazione
aggiornata del "Grand
Pas Classique" di Auber,
un divertissment
studiato appositamente per
mettere alla prova la capacità
tecnica dei ballerini. Sylvie
lo danzò con autorevolezza,
esaltando al massimo grado
la purezza della sua linea,
la musicalità e il
controllo dei movimenti.
Uno dei più creativi
giovani coreografi
che riconobbe e valorizzò
il suo talento è William
Forsythe. Nel 1987 all'Opéra
di Parigi, Sylvie creò
il ruolo protagonista in "In
The Middle, Somewhat Elevated",
considerato ora un classico
contemporaneo. Forsythe usa
il linguaggio del balletto
classico, reinventandolo
in modi compessi prima sconosciuti,
distruggendo i canoni usuali
tradizionali del teatro e
della danza.
In the Middle nasce come brano
di trenta minuti per venire
successivamente esteso e inserito
come sezione centrale nel
balletto
completo "Impressing
the Czar". In esso, Forsythe
spinge i movimenti al loro
massimo limite facendoli sembrare
come pericolose sfide per
i danzatori. Il ruolo era
congegnale per Sylvie, dandole
il modo di scoprire e dimostrare
un altro aspetto del suo talento.
Liberata dai lacci e lacciuoli
del classicismo, fu capace
di catapultare senza paura
il suo corpo negli attacchi
selvaggi e veloci previsti
dalla coreografia,
contorcendolo più di
quanto richiesto in allungamenti,
in angolazioni proiettate
al di fuori del naturale punto
di equilibrio e posizioni
geometriche, interpretando
la musica sincopata di Thom
Willems. Produzioni di questo
tipo misero Sylvie ancor più
in luce di fronte al pubblico
dei ballettomani
di tutto il mondo. Si può
dire che prima di lei il mondo
della danza
fosse ammantato di un'aura
di roseo romanticismo in contrapposizione
alla gamma caleidoscopica
di colori della versatilità.
Nel 1988, la Royal Opera
House celebrò il cinquantesimo
compleanno di Nureyev
invitandolo a danzare "Giselle"
in una gala performance nella
sua vecchia "casa"
con il Royal Ballet. Nureyev,
accettando l'invito, condusse
con sé la sua nuova
"protetta" presentandola
al pubblico londinese. Il
6 gennaio debuttava come Giselle
con Nureyev
nel ruolo del suo Albrecht.
Sylvie non ebbe alcun problema
nell'avvincere l'audience,
che rapidamente ne vide il
puro e lucido virtuosismo.
Nel primo atto conferì
una innocente dolcezza al
suo personaggio, dapprima
triste e via via più
radioso. I suoi assolo ricevettero
cori ed applausi a scena aperta
dal pubblico britannico, notoriamente
conservatore e restio ad esprimere
giudizi prima della chiusura
del sipario. Ma vi erano anche
coloro che si sentivano a
disagio guardando la disarticolazione
delle sue gambe, ritenendola
più adatta a numeri
circensi che all'atmosfera
del balletto
romantico. (Sylvie Guillem
ebbe modo più tardi
di rispondere alle critiche
relative alla sua capacità
di estensione
affermando che se in Gran
Bretagna il pubblico non era
abituato a vedere una simile
altezza mentre in Francia
lo era e non aveva problemi
a considerare estetico questo
fatto, ciò non significava
necessariamente che fosse
sbagliato). All'inizio del
secondo atto, con grande dispiacere
degli spettatori, cadde rovinosamente,
ma continuò a danzare
al meglio dimostrando grande
controllo e balance
nei lenti movimenti dell'adagio.
Per lei, il gala fu un enorme
successo, con grande ammirazione
per il suo virtuosismo. Per
Nureyev,
invece, non fu un'occasione
altrettanto felice. La superba
tecnica di Sylvie enfatizzava
la sua diminuita abilità
e il declino della salute.
La sera successiva ripeterono
il successo e quindi ritornarono
a Parigi. Nessuno dei presenti
alle due rappresentazioni
riuscì però
a prevedere il futuro e ad
augurarsi che un anno più
tardi Sylvie sarebbe ritornata
a per essere la principale
artista ospite del Royal Ballet
e per eleggere Londra a suo
domicilio.
A partire dal 1989, pur continuando
a danzare a Parigi, decise
di costruirsi una propria
carriera - che le dava il
diritto di esibirsi ovunque
con altre compagnie. Ma Nureyev
non era d'accordo; egli era
stato il suo mentore, l'aveva
istruita alle sottigliezze
della Scuola
russa e l'aveva fatta
diventare una stella
di prima grandezza. In cambio,
si aspettava che lei seguisse
le sue direttive. Nonostante
questo, lei decise di insistere.
Come Nureyev
impulsiva e poco paziente,
ed essendo oltretutto entrambi
di carattere volubile, Sylvie
colse quest'occasione per
lasciare l'Opéra. Bussò
alla porta del Royal Ballet
- per ironia della sorte la
stessa compagnia che Nureyev
adorava e che le aveva spesse
volte decantato - e fu istantaneamente
accettata. La sua partenza
causò in Francia una
terribile crisi il cui punto
culminante venne raggiunto
quando l'allora ministro della
cultura Jacques Lang dovette
risponderne in una interrogazione
parlamentare. Il 15 aprile
segna il debutto di Sylvie
al Royal Ballet come principale
artista ospite. Ballò
"Il
Lago dei Cigni" prodotto
da Anthony Dowell con il suo
nuovo partner, Jonathan Cope,
del quale si disse fortemente
ammirata. La sua rappresentazione
scatenò l'entusiasmo
del pubblico, ma di nuovo
venne criticata dai puristi
che la accusavano di privilegiare
le proprie doti fisiche ed
il virtuosismo all'espressività
e alla sensibilità.
Altri invece scrissero della
profonda comprensione del
personaggio e della finezza
impressa del Cigno Bianco
e della drammaticità
dell'interpretazione del Cigno
Nero. In ogni caso, la sua
presenza fu molto emozionante
da parte di tutto il pubblico
e per gli spettatori il balletto
fu brillantemente eseguito.
La sua vita al Royal Ballet
fu molto diversa e ben più
difficile rispetto a quella
parigina. I retroscena della
celebrità alla Royal
Opera House significavano
dividere un minuscolo camerino
con anche altre cinque ballerine
(mentre all'Opéra di
Parigi lei ne aveva uno personale)
e si fece la reputazione di
essere altezzosa poiché
non voleva mangiare alla mensa
del teatro. Dalla stampa fu
soprannominata "Mademoiselle
Non" dato che non amava
concedere interviste, consentiva
solo a certi fotografi di
ritrarla, causava mini-scandali
adattandosi i costumi o indossandone
di propri, modificava i passi
per adattarseli meglio ed
era assai chiara e decisa
su cosa volesse o non volesse
ballare. Inoltre pretese moltissimo
da se stessa sia teatro che
nella vita privata. Ma fu
subito ben evidente per tutti
che, quando si recava a teatro
o alla classe,
era per lavorare e non per
parlare delle condizioni meteorologiche.
Durante il suo periodo con
il Royal Ballet - e nel 1995
siglò il terzo contratto
- ha avuto modo di imparare
e insegnare diversi stili
di danza.
Dopo aver ottenuto un successo
ballando i ruoli sia di Gamzatti
che di Nikia ne "La
Bayadère"
e di Aurora ne "La
Bella Addormentata",
riportò un trionfo
nel "Romeo
e Giulietta" di Kenneth
MacMillan dove deliziò
tutti con la sua interpretazione
al contempo drammatica ed
estetica. Accettò la
sfida della tecnica "filigranata"
di Frederick Ashton con alterna
riuscita e, mentre la sua
Cenerentola era briosa e naturale,
alcune perplessità
destò la sua Natalia
Petrovna in "A Month
at the Country", poiché
non fu capace di tradurre
le sfumature del personaggio
né di interpretare
il morbido intreccio della
coreografia.
Nel novembre 1990, Sylvie ritornò
all'Opéra di Parigi per
tre rappresentazioni della "Manon"
di MacMillan. L'evento provocò
una grandissima agitazione e
l'atmosfera fu quasi quella
di un concerto di musica pop.
La sua esibizione fu solo una
dimostrazione di ciò
che i Francesi avevano perduto
in favore dei Britannici.
Sia con il repertorio classico
che con le coreografie
britanniche contemporanee,
Sylvie Guillem è stata
capace di mostrare la sua
versione dello stile Forsythe
nelle produzioni del Royal
Ballet di "In the Middle,
Somewhat Elevated" ed
"Hermann Schmerman",
in cui la sua danza provocante
e competitiva con il partner
Adam Cooper le dava ampie
possibilità di virtuosismi
con le gambe e di far volteggiare
la parte superiore del corpo
- la metà superiore
del quale era coperto da un
velo trasparente molto sexy.
Ma forse è la sua collaborazione
con Maurice Bejart che ha
rivelato gli aspetti più
interessanti del suo lato
contemporaneo. Sylvie rappresentò
il suo primo lavoro di Bejart,
senza la sua autorizzazione,
al Concorso di Varna e successivamente
lavorò insieme a lui
all'Opéra di Parigi
ma è la sua recente
interpretazione di "Sissy",
nella quale esplora la mente
e il carattere dell'Imperatrice
Elisabetta d'Austria (o forse
soltanto di una donna pazza
delusa di essere l'imperatrice)
che mostra l'empatia fra il
coreografo
e la musa ispiratrice. Con
la rapida caduta del personaggio
dentro la pazzia, Bejart ha
sfidato Sylvie a guardare
in profondità dentro
se stessa e ad usare il suo
corpo come lo strumento per
esprimere il suo turbamento.
Sylvie Guillem è stata
insignita di molti premi e riconoscimenti
internazionali ed è stata
invitata a danzare con le più
importanti compagnie del mondo,
fra cui il Teatro Kirov di San
Pietroburgo e l'American Ballet
Theatre di New York, prima ancora
di aver compiuto trent'anni.
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