Quadri della Russia pagana in due parti
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Libretto | Igor Stravinski e Nicholas Roerich |
Coreografia | Vaslav Nijinski |
Musica | Igor Stravinski |
Prima rapppresentazione | Parigi, Théâtre des Champs-Élysées, Ballets Russes di Serge de Diaghilev, 29 maggio 1913 |
Interprete | Maria Piltz |
Scenografia e Costumi | Nicholas Roerich |
Direttore d’Orchestra | Pierre Monteux |
Titolo inglese | The Rite of Spring |
Titolo russo | Vesna suyashchannaya |
ll celebre balletto, che segnò una svolta decisiva all’inizio del Ventesimo secolo nella storia della musica così come in quella della danza per la novità apportata in entrambi i campi, si proponeva di rappresentare un rito primitivo di fertilità alla fine del quale veniva sacrificata una fanciulla per il risorgere della nuova stagione.
All’epoca della sua creazione, ad opera dei Ballets Russes di Diaghilev, sia la partitura musicale sia la coreografia provocarono uno scandalo e il balletto fu presentato solo sei volte nel corso delle stagioni di Parigi e Londra. Con il passare degli anni il lavoro andò affermandosi sempre più, conoscendo un numero incalcolabile di nuove versioni. Quella di Maurice Béjart al Théâtre de la Monnaie di Bruxelles, 9 dicembre 1959, scenografia di P. Caille, interpreti principali Tania Bari e Germinal Casado), collezionò numerosissime repliche in un trentennio di rappresentazioni prima che Béjart decidesse di ritirarlo dalle scene. La Sacre continuò comunque a essere di stimolo per altri creatori che, incoraggiati dal successo incontrato da Béjart e dal fatto che nessuno si era scandalizzato che questi avesse cambiato quasi completamente i significati dell’opera, si misero al lavoro con spregiudicatezza dando vita a edizioni dai significati più disparati fra le quali spesso primeggiava l’elemento erotico, non contemplato dalla prima versione di Parigi. Già Béjart era giunto, nel presentare la sua concezione dell’opera a queste affermazioni: «[…] L’amore umano, nel suo aspetto fisico, simboleggia l’atto stesso con il quale la divinità crea il Cosmo e la gioia che ne ricava… Che questo balletto sia dunque spogliato di ogni artificio del pittoresco, inno di quell’unione dell’Uomo e della Donna nel più profondo della loro carne, unione del Cielo e della Terra, danza di vita o di morte, eterna come la primavera!»
Si è detto più volte che, certamente, a coreografia di Nijinski era immatura. Non bastarono infatti il suo genio , l’assistenza di Diaghilev e di Marie Rambert, che gli fu messa accanto, per risolvere i difficili problemi della realizzazione del ritmo. Ma una recente riproduzione di quella contestatissima versione (con il Robert Joffrey Ballet al Festival di Spoleto del 1988) però, mise il pubblico di fronte a qualcosa di indimenticabile dove la parte coreografica veniva associata a quella musicale proprio per la straordinaria aderenza alla partitura stravinskiana, all’atmosfera che questa richiede, al contorno scenografico e costumistico di Nicholas Roerich che con Stravinski aveva ideato qeusto capolavoro della ritualità e della sacralità a teatro.
Per comprendere meglio la vera essenza della Sacre bisogna tornare a parlare dell’originale, cercando di unire la musica alla danza anziché separarla. La seconda può valorizzare la prima, specie in casi come questo dove la partitura musicale non nasce autonoma, e qualche volta anche sublimarla. Per quanto riguarda la ricostruzine citata del Jeoffrey Ballet, occorre chiedersi se sia filologicamente attendibile. Ricerche e documentazione sono state condotte con lo scrupolo più severo. Pare che sia stata ritrovata la partitura coreografica in possesso di Marie Rambert cui si sono assommati interventi da parte di Millicent Hodson e Kenneth Archer anche nei confronti delle scene e dei costumi famosissimi di Nicholar Roerich.
Il già citato Diaghilev commissionò a Léonide Massine una seconda versione della Sacre, rappresentata per la prima volta a Parigi, Théâtre des Champs-Élysées (15 dicembre 1920). Le scene e i costumi erano nuovamente opera di Roerich, Lydia Sokolova danzava la parte principale e l’orchestra era diretta da Ernest Ansermet. (l’anno dopo, il 21 giugno 1921, la stessa edizione si teneva a Londra al Prince’s Theatre). Massine riprodusse il suo spettacolo per varie compagnie, fra cui quella di Martha Graham nel 1930 a Filadelfia e, in Italia, la compagnia di ballo del Teatro alla Scala di Milano (24 aprile 1948), interpreti Luciana Novaro (l’eletta) e Ermanno Savaré (il vecchio saggio), sempre con le scene e i costumi di Roerich, con la direzione orchestrale di Nino Sanzogno. Non era questa la prima italiana perché Aurelio Milloss aveva provveduto a dare la sua versione al Teatro dell’Opera di Roma il 27 marzo 1941 con scene e costumi di Nicola Benois, protagonista Attilia Radice e direttore Tullio Serafini (altra edizione di Milloss, con scene di Renato Guttuso, all’Opera di Roma nel 1967 con interprete Marisa Matteini.
A cura di Alberto Soave
Fonti:
- Alberto Testa, I Grandi Balletti, Repertorio di Quattro Secoli del Teatro di Danza, Gremese Editore, Roma 1991