Balletto con canto in un prologo, sette scene e un epilogo
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Testo | Bertolt Brecht |
Coreografia | George Balanchine |
Musica | Kurt Weill |
Prima rappresentazione | Parigi, Théâtre des Champs-Elysées, Les Ballets, 7 giugno 1933 |
Interpreti | Tilly Losch, Lotte Lenya |
Scenografia e costumi | Caspar Neher |
Titolo originale tedesco | Die sieben Todsünden der Klein bürger |
Titolo francese | Les sept péchés capitaux |
Titolo inglese | The Seven Deadly Sins |
«Il balletto è la storia di due Anna (Anna I e Anna II): un’Anna che canta e che racconta il cammino di un’Anna silenziosa che danza alla ricerca di denaro sufficiente a costruire una casa per la sua famiglia nella Louisiana. Anna viaggia per sette città americane, in ciascuna delle quali incontra un peccato. Anna I è l’esperto alter ego della innocente Anna II» (Balanchine).
Il singolare balletto fu ripreso dal New York City Ballet nel 1958 con una nuova coreografia di Balanchine. Ci sono state numerose e varie produzioni, per esempio quelle di Harald Lander (Copenaghen, 1936), di Tatiana Gsovsky (Francoforte, 1960), di Maurice Béjart (Bruxelles, 1961), di Kenneth MacMillan (Festival di Edimburgo, 1961 e Royal Ballet di Londra, 1973), di André Prokovsky (PACT, Performing Arts Council of Transvaal, 1975) e di Pina Bausch (Wuppertal, 15 giugno 1976). Numerose anche le edizioni italiane a cominciare da quella dell’Accademia Filarmonica Romana al Teatro Eliseo di Roma per la regia di Luigi Squarzina, la coreografia di Jacques Lecoq, le scene di Renzo Vespignani e l’interpretazione di Carla Fracci e Laura Betti (primavera 1961).
Lavoro arduo e scabroso, nacque da un’intesa fra Balanchine e Kurt Weill che coinvolse Brecht, fuggiasco dalla minacciosa dittatura nazista allora al potere. Le mosse sono evidentemente moralistiche e didascaliche, con una verità che più vera non si poteva dare a quel tempo e non si può dare nemmeno oggi: per fare denaro bisogna mercificare se stessi. Il discorso si fa moraleggiante, castigat mores ma non sorridendo, bensì con severa ironia, e viene presa di mira la società capitalistica americana. Storia spietata nei riguardi della donna, oggetto di lucro e piacere, e dei piccoli borghesi cui, agli inizi del secolo, aveva già pensato Gorkij. Opera moraleggiante dunque nella sua immoralità e la sferzata della morale ha il vantaggio grandissimo di far riflettere, di mettere in luce i nostri peccati.
A cura di Alberto Soave
Fonti:
- Alberto Testa, I Grandi Balletti, Repertorio di Quattro Secoli del Teatro di Danza, Gremese Editore, Roma 1991