Un lord inglese. Così diceva mia madre del direttore della scuola di ballo di Genova Mario Porcile e su questo nessuno poteva non essere d’accordo con lei. Il dott.Porcile a quei tempi, parliamo degli anni’60, passava ancora dalla scuola di via Luccoli, certo non si può dire fosse un habituè, ma ci veniva qualche pomeriggio, destando l’interesse di tutte le mamme che si facevano in quattro per riuscire a scambiare qualche parola con lui. Lui, distinto elegante e raffinato come pochi, era gentile con tutte, ma distaccato, perché volava alto con le sue amicizie profonde coi vari Nureyev, Vasiliev, Yvette Chauviré, Margot Fonteyn, Milorad Mišković, Bejart e via dicendo. Io lo ricordo bene con quel vestito di lino color panna ed il panama in testa d’estate. La scuola di via Luccoli a Genova era il centro di ritrovo di tutte le bambine di buona famiglia della città . Le mamme, che allora non lavoravano, passavano i loro pomeriggi nella grande scuola dove in una sala di attesa immensa, sotto volte del’700 affrescate a scene bucoliche e paradisiache, parlavano tra di loro di futilità (o no) mentre le loro bimbe imparavano a ingentilire il portamento. Già perché solo quello volevano le mamme. Guai a mettersi in testa di fare le ballerine da grandi: ”Per carità, la danza è bella da andare a vedere in teatro, non da fare come mestiere” dicevano tutte, compreso mio padre, che donna non era, ma la pensava allo stesso modo e aggiungeva rivolta a me dentro la quale si stava insinuando il sacro fuoco: ”Ricordati bene: nelle carriere artistiche ne riesce una su mille, e quella non sarai certo tu”. Papà non era gentile nei mie riguardi, questo è vero, ma non voleva illudermi e non aveva tutti i torti. Ma, come si dice, al cuor non si comanda, e io in quella carriera mi ci sono buttata a capofitto anche se non ho raggiunto gran risultati. L’artefice di tutto ciò credo sia stato proprio Mario Porcile. Da bambina (come poi da grande) preferivo di gran lunga andare alle lezioni di danza piuttosto che stare piegata sui libri, e poi, quando a metà anno si cominciava a preparare il saggio finale era un’eccitazione. Devo ammettere che sia io che la mamma rimanevamo sempre deluse dai ruoli che mi affidava la mastra Maria Molina nel saggio, sempre ruoli minori dove rimanevo nascosta dietro a bambine più belle e più brave, ma evidentemente la maestra aveva visto lungo, quel gran talento in me non c’era. Il Dott. Porcile era sempre impegnatissimo con il suo Festival Internazionale del Balletto a Nervi, che era un appuntamento estivo a cui nessuno di noi poteva mancare. Abbonamento ai Parchi di tutta la famiglia e che piovesse o meno non mancavamo un balletto e quando tornavamo a casa entusiasti e felici di quanto visto ne parlavamo fino alla settimana successiva. Mario Porcile in quelle serate ai Parchi era la vera star, altro che i ballerini! Quando c’era l’intervallo lo si vedeva girare tra le poltrone salutando sindaco, giornalisti e personaggi noti che erano venuti ad apprezzare il suo festival. Tutto questo durò per ben 34 edizioni, dal 1955 al 2004, quando non ci furono più soldi per portare avanti la cosa. Fu un gran dolore per Mario Porcile, un dolore che lo fece soffrire ancora più delle magagne della sua veneranda età. Il mio lavoro di giornalista ci ha fatti rincontrare, l’ho più volte intervistato e più volte ci è anche capitato di volgere i nostri pensieri ai ricordi passati con malinconia e rimpianto dei tempi migliori, come migliori sono tutti i tempi che non tornano più. Un pomeriggio a casa sua mi raccontò un episodio di una di quelle estati ai parchi. Alla vigilia della prova generale dello spettacolo inaugurale era stato visto strisciare sugli alberi un serpente lungo 3-4 metri. Fu naturalmente dato l’allarme ed arrivarono poliziotti e guardia forestale per cercare di correre ai ripari e catturare il serpente. Furono chiusi i cancelli del parco e per due giorni andarono avanti le ricerche, notte compresa. Ma del serpente nemmeno l’ombra. L’ultima idea fu quella di portare un ghepardo all’interno dei parchi, ma non servì a nulla perché il serpente se c’era si era nascosto bene. Il tempo stringeva ed era arrivato il giorno della prima, che fare? Fortuna volle che la mattina qualcuno sentì qualcosa strisciare fra gli alberi, vide il grosso rettile che finalmente fu catturato da un esperto (combinazione un amico di mio padre). “Fu l’unica volta che ho temuto potesse saltare la serata – mi confessò Porcile- il serpente poteva condizionare la serata più delle bizze di Nureyev!” Ma lo spettacolo ebbe luogo tranquillamente e il successo arrivò come sempre.
È morto due anni fa, il 9 settembre 2013 a 92 anni, dopo mesi di sofferenza. Purtroppo non vedeva più da anni, ma riconosceva benissimo le voci. Un pomeriggio in una tavola rotonda che presentava il dvd edito da alcune mie colleghe in ricordo del Festival di Nervi presenziò anche mia madre. Alla fine la mamma ostinata come sempre si era prefissa di salutare il dottore: “Mamma, il dottor Porcile non ci vede più, smettila di insistere, lascialo stare” le ho detto io. Non ci fu verso gli si avvicinò in un momento propizio e gli disse: “Dottore si ricorda di me?” Lui, poverino, guardando vacuo, con la gentilezza che lo ha sempre contraddistinto, le ha risposto: “Come posso dimenticare la sua voce Signora Camponero!”. Credo mia madre sia in brodo di giuggiole ancora adesso.
[Da: Francesca Camponero, Incontri – davanti e dietro le quinte, cap. VII, Montag Edizioni, 2015 (Epub, Liber Iter, 2015]
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