Ahmad Joudeh rimase affascinato dalla danza assistendo per la prima volta, a otto anni, a una rappresentazione di balletto. Da quel momento, diventare un ballerino fu il suo sogno. Ma, mentre la madre lo sosteneva in tutto e per tutto, il padre disapprovava questa scelta e decise di abbandonare la famiglia.
All’età di 16 anni, completamente autodidatta, Ahmad Joudeh si presentò a un provino per la principale compagnia siriana di danza, l’Enana Dance Theatre di Damasco, e venne accettato. In quella sede venne formato al balletto, alla ginnastica e alla danza moderna. Con la compagnia, Joudeh partecipò a numerose tournée in luoghi come il Qatar, l’Algeria, la Tunisia, la Giordania e il Libano.
Nel 2011, allo scoppio della guerra civile in Siria, il sogno di Ahmad Joudeh rischia di trasformarsi in un incubo. La sua città natale, Yarmouk Camp, venne completamente distrutta, cinque dei suoi familiari uccisi, lui e la sua famiglia persero la casa e tutto il resto. Ma nonostante tutte queste difficoltà Ahmad continuò a ballare e a dare lezioni di danza ai bambini. ricevendo per questo continue minacce da parte degli estremisti islamici, i quali dicevano che lo avrebbero giustiziato se non avesse abbandonato le sue attività di danza. La risposta di Ahmad Joudeh fu quella di farsi tatuare le parole “Dance or Die” sul collo, esattamente nel punto in cui, in caso di esecuzione, sarebbe caduta la lama che lo avrebbe decapitato. In questo modo dimostrava la sua determinazione a continuare a ballare e si dissociava dallo Stato islamico.
Nel 2014 Ahmad Joudeh venne invitato a partecipare alla versione araba di So You Think You Can Dance (SYTYCD), un concorso di danza televisiva che si svolgeva in Libano. Grazie alle sue performance diviene un ballerino famoso in tutto il mondo arabo, ma gli venne detto che non avrebbe potuto vincere la manifestazione in quanto apolide.
Nel 2016, Joudeh si è diplomato presso l’Istituto Superiore di Arte Drammatica di Damasco (Siria), dove ha completato gli studi in danza e coreografia. Sempre nel 2016 avviene la svolta nella sua carriera e nella sua vita. Ahmad Joudeh acquisisce notorietà anche al di fuori del mondo arabo grazie al documentario realizzato da Roozbeth Kaboly, trasmesso per la prima volta il 6 agosto nel programma televisivo nazionale olandese Nieuwsuur di NOS. Grazie alla diffusione della sua storia, a ottobre il ballerino siriano si trasferisce ad Amsterdam con il contributo del The Dance for Peace Fund organizzato da Ted Brandsen, direttore del Dutch National Ballet (qui il link al documentario, sempre girato da Roozbeth Kabuly, sull’arrivo del ballerino nei Paesi Bassi).
Nel novembre 2016, Ahmad Joudeh incontra Roberto Bolle, l’étoile internazionale suo idolo, dal quale riceve una lezione privata. L’incontro è importante, non solo per il ballerino siriano. Roberto Bolle, in una lunga intervista ad Anna Bandettini (Repubblica del 31 gennaio 2017), così ricorda il primo impatto con la storia di Joudeh: «A novembre ero al Dutch National Ballet e mi dicono che c’è un ragazzo siriano che mi vuole conoscere. Ci incontriamo, era Ahmad: tremava, piangeva era emozionato. Poi mi ha svelato tutto ed è stato commovente per me».
Sempre nel novembre 2016, arriva la riconciliazione con il padre, che Ahmad va a visitare presso un centro per richiedenti asilo a Berlino. Dopo undici anni i due si riconciliano.
Nel dicembre 2016 arriva il debutto con il Dutch National Ballet in Coppelia. Fanno seguito numerosissime esibizioni non solo con la compagnia olandese ma in gran parte dei paesi europei (Francia, Svizzera, Norvegia, Spagna, Italia, Danimarca, Belgio) oltre che negli Emirati Arabi Uniti, per arrivare alla partecipazione della trasmissione-evento di Roberto Bolle Danza con Me (1 gennaio 2018) nella quale Ahmad Joudeh si esibisce, insieme allo stesso Bolle, nel brano Inshallah, su musiche di Sting eseguite dal vivo dallo stesso autore.