Non è
semplice fornire un'esposizione
esauriente delle possibili metodologie
di conduzione di un incontro
di danzaterapia, anche per la
scarsità della leteratura
disponibile in proposito nel
nostro Paese. In linea di massima
i principali riferimenti teorici
e metodologici si riconducono
a tre diversi filoni: l'approccio
analitico di ispirazione junghiana,
il metodo di Maria Fux e quello
francese dell'Expression Primitive.
La danzaterapia
come tecnica analitica
Molti fra
coloro che nella seconda metà
del Novecento si accostarono
alla nascente danzaterapia,
sentirono l'esigenza di fornire
ad essa un quadro teorico più
scientifico e strutturato, che
comprendesse non solo il processo
artistico ma anche una solida
base rispetto alle teorie psicologiche
che si stavano diffondendo.
Una delle
prime figure a lavorare in questo
senso è stata Mary Whitehouse
in California, che oltre ad
aver studiato danza con insegnanti
del calibro di Graham e Wigman,
possiede una formazione psicoanalitica
di tipo junghiano. La Whitehouse,
a partire dall'osservazione
dei suoi allievi e dalle proprie
conoscenze, sviluppa il concetto
di "movimento autentico",
cioè un movimento totalmente
spontaneo attraverso il quale
il soggetto entra in contatto
con i contenuti più intimi
del proprio inconscio.
Questo concetto
trae le sue fondamenta dal metodo
di psicoterapia analitica junghiano
dell' "immaginazione attiva",
che comporta l'aprirsi all'inconscio
mantenendo però il contatto
con la coscienza. Nell'"immaginazione
attiva" rientra anche l'espressione
artistica, con la quale è
possibile sia ottenere informazioni
per una diagnosi, sia condurre
un processo terapeutico. La
Whitehouse ottenne notevoli
risultati nel trattamento di
pazienti nevrotici che grazie
al movimento autentico riuscivano
ad abbandonarsi liberamente
alle proprie emozioni ed ad
entrare in relazione con l'altro.
Affinché questo lavoro
possa risultare costruttivo
ai fini terapeutici è
necessaria la presenza di un
witness cioè colui
che è testimone e
di un mover cioè
colui che si muove, in
stretta relazione fra di loro.
Il mover si lascia trasportare
dalle proprie emozioni, dalle
immagini che gli vengono suggerite
dal suo mondo interiore, articolando
una serie di movimenti liberi
compiuti ad occhi chiusi, mentre
lo witness lo osserva
attentamente senza intervenire
e, solo in seguito, lo aiuterà
a verbalizzare il vissuto di
questa esperienza.
Molti professioni
hanno seguito le orme della
Whitehouse lavorando e sviluppando
le applicazioni del movimento
libero, fra questi spicca sicuramente
la sua allieva Jane Chorodow,
danzaterapeuta ed analista junghiana,
membro ordinario ed ex presidente
dell'American Dance Therapy
Association. La Chorrodow, inserendo
il movimento corporeo nel setting
analitico junghiano, mette
in luce come, attraverso la
danza, le persone arrivino a
toccare in modo generalmente
più immediato e diretto
rispetto ad un percorso di analisi
tradizionale centrato sugli
aspetti verbali, punti molto
profondi. Un'altra figura di
grande rilievo è l'americana
Anna Halprin, che, nel suo metodo,
denominato Life Art,
unisce alla sua esperienza nella
danza
moderna l'utilizzo del mito
in chiave junghiana. Life Art
è un metodo che presuppone
che tutti possano danzare ed
esprimere la propria creatività
e trovare nella fusione arte-vita
la fonte della propria guarigione.
In America
un ruolo centrale per lo sviluppo
e l'affermazione della danzaterapia
a livello mondiale è
ricoperto dall'ADTA (American
Dance Therapy Associaton) un'associazione
fondata nel 1965 a New York
che si è concentrata
sulla ricerca di metodi di utilizzare
nel trattamento della malattia
mentale, con l'obiettivo primario
di far trovare al paziente un
contatto con il proprio corpo,
con il proprio IO e con gli
altri.
Il metodo
di Maria Fux
Maria Fux,
danzatrice e coreografa
argentina, dopo essersi accostata
alla danza classica, studia
danza
moderna e diventa allieva
di Martha Graham, ed, in seguito
si dedica ad una rielaborazione
molto personale del senso stesso
della danza, da lei concepita
come una forma di espressione
che appartiene alla stessa natura
dell'essere umano. La Fux scopre
il valore terapeutico della
danza a partire dai benefici
ottenuti da lei stessa durante
un periodo di grave crisi depressiva
ed, in seguito a questa esperienza,
sperimenta l'efficacia del proprio
metodo, lavorando con altre
persone, sia soggetti normodotati
che portatori di handicap. Dal
suo lavoro emerge fondamentalmente
la valenza terapeutica e riabilitativa
del movimento spontaneo e del
piacere provocato da esso, in
persone che presentavano problematiche
molto diverse tra loro. Maria
Fux si considera essenzialmente
un'artista, non desidera nella
maniera più assoluta
arrogarsi il ruolo e la qualifica
di psicoterapeuta e, pertanto,
il suo approccio al paziente
è caratterizzato da un
progressivo avvicinarsi alle
persone facendo leva esclusivamente
sulla propria sensibilità
di artista e di donna senza
per questo inoltrarsi in alcuna
forma di interpretazione e verbalizzazione.
Il suo metodo
si è sviluppato a partire
dalle numerose esperienze fatte
durante il suo percorso artistico
e personale: dagli incontri
con la gente, alle sue intuizioni
e si basa fondamentalmente sulla
funzione catartico liberatorio
della danza a sulla capacità
da parte del conduttore di stimolare
nell'altro l'espressione di
sé e delle proprie potenzialità
creative. La Fux ricerca continuamente
nuovi stimoli creativi da proporre
ai suoi gruppi, a partire dal
corpo stesso, dal movimento
e dal ritmo interno (il battito
cardiaco ad esempio) fino all'utilizzo
di vari materiali, in genere
appartenenti alla nostra quotidianità,
che possono aiutare i pazienti
a ritrovare movimenti nascosti,
magari dimenticati e riscoprirne
il senso. Maria Fux ha diffuso
il suo metodo in diversi paesi
del mondo quali l'Argentina,
il Brasile, gli Stati Uniti,
la Spagna, l'Unione Sovietica,
la Francia, l'Inghilterra, Israele,
Cuba, Israele e l'Italia (vedi
la
realtà della danzaterapia
in Italia), dedicandosi
sia all'attività di terapeuta
sia al lavoro di formatrice
nel campo della danzaterapia.
L'expression
primitive
L'iniziatore
di questo metodo fu Herns Duplan,
danzatore di origini haitiane
che, trasferitosi in Francia
negli anni Settanta, ha elaborato
questo approccio alla danzaterapia,
da lui stesso denominato expression
primitive, dove il termine
primitive raccoglie al
suo interno diversi significati:
innanzi tutto rimanda a ciò
che per tutti gli uomini è
universale, in secondo luogo
si riferisce alla preziosa eredità
dell'era pre-storica e viene
dunque considerato in senso
cronologico, infine riguarda
le strutture psichiche primarie
che si creano nello sviluppo
del bambino.
Fondamentale
fu per Duplan l'esperienza maturata
a New York lavorando nella compagnia
di Katerin Dunham, coreografa
ed etnologa americana, che,
nella sua attività, si
ispirò profondamente
ai rituali delle società
tribali. Attraverso l'approccio
dell'expression primitive,
definito dallo stesso Duplan
"antropologico", la
persona viene considerata in
modo globale e il soggetto lavora
mediante movimenti archetipici,
gesti e rituali presenti in
tutte le culture tradizionali
e quindi compie un viaggio nella
storia dell'umanità.
Attualmente
Duplan opera anche in ambito
psichiatrico e da molti anni
si dedica alla formazione all'
Università di Parigi.
È
veramente difficile fornire
un'unica definizione dell'expression
primitive, soprattutto oggi
che è stata arricchita
dal contributo di diversi professionisti,
i quali le hanno attribuito
una valenza terapeutica, pedagogica,
riabilitativa.
Fra costoro
emerge la figura di France Schott-
Billman, una professionista
di prestigio, esperta di psicoanalisi
e di culture tradizionali, specie
di sciamanismo, la quale fece
confluire le sue competenze
in questi campi nell'expression
primitive. L'integrazione
della psicoanalisi con lo sciamanismo,
come attuata dalla Schott-Billman
all'interno del suo metodo,
consente di creare una relazione
terapeutica con strumenti simbolici,
verbali e non verbali. La Schott-Billman
sostiene che il danzaterapeuta,
come lo sciamano, oltre a essere
guaritore è anche musicista
e danzatore, un artista completo
che, come gli artisti guaritori
tradizionali, danza, suona il
tamburo e canta, traducendo
in espressione artistica ciò
che il paziente gli trasmette.
L'expression primitive,
ispirandosi alle danze tribali,
individua degli elementi costantemente
presenti nelle diverse culture,
li rielabora attualizzandoli
e utilizzandoli come strumenti
terapeutici. I principali di
tali strumenti, volendo presentare
un riassunto schematico, sono
i seguenti:
- il gruppo, che funge da
grande contenitore affettivo,
assumendo una funzione materna;
- il ritmo creato dalla percussione
del tamburo, che ripropone
simbolicamente il battito
cardiaco e consente di vivere
la corrispondenza tra il mondo
interiore e quello esterno;
- il rapporto con la terra,
determinato dalla pulsazione
ritmica dei piedi;
- il minimalismo dei gesti,
semplici e ripetitivi, che
possono essere facilmente
interiorizzati dai componenti
del gruppo;
- la voce del conduttore,
che si unisce al tamburo,
evocando le nenie e le filastrocche
materne;
- la binarietà del
ritmo contraddistingue le
arti primitive, è presente
a partire dal ritmo esterno
del tamburo e viene sviluppata
tramite movimenti simmetrici
od opposti;
- la trance, effetto della
ripetizione continua di movimenti
e suoni controllati dal terapeuta.
L'insieme
di questi elementi deve anche
e soprattutto offrire una sicurezza
di base, cioè creare
quell'ambiente accogliente e
rassicurante in cui condurre
un efficace lavoro terapeutico.
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