Jerome Robbins e West Side Story: l’innovazione coreografica che rivoluzionò Broadway
Jerome Robbins, nato Jerome Wilson Rabinowitz l’11 ottobre 1918 a New York, è stato uno dei più influenti coreografi e registi del XX secolo. Figlio di immigrati ebrei russi, crebbe a Weehawken, nel New Jersey, in una famiglia che incoraggiava le arti. Sin da giovane mostrò un profondo interesse per la musica, la danza e il teatro, discipline che avrebbero definito la sua carriera futura.
La sua formazione artistica iniziò con lo studio del pianoforte e del violino, ma fu la danza a catturare la sua attenzione in modo definitivo. Robbins studiò con maestri come Gluck Sandor, dove apprese le basi della danza moderna, e successivamente con Helen Veola per il balletto classico. Questa combinazione di stili diversi avrebbe influenzato profondamente il suo approccio coreografico, caratterizzato da una fusione di tecniche e linguaggi espressivi.
Nel 1937, Robbins entrò a far parte della compagnia di Gluck Sandor e Felicia Sorel, esibendosi in produzioni che combinavano danza e teatro. La sua versatilità e il talento lo portarono nel 1940 all’American Ballet Theatre (allora Ballet Theatre), dove iniziò come membro del corpo di ballo. Qui ebbe l’opportunità di lavorare con importanti coreografi dell’epoca e di sviluppare le sue capacità sia come danzatore che come coreografo emergente.
La svolta nella sua carriera avvenne nel 1944 con la creazione di “Fancy Free“, un balletto su musica di Leonard Bernstein. L’opera, che racconta la storia di tre marinai in licenza a New York durante la Seconda Guerra Mondiale, fu un successo immediato e segnò l’inizio di una fruttuosa collaborazione con Bernstein. “Fancy Free” combinava elementi di danza classica con movimenti ispirati al jazz e alla danza popolare, rompendo le barriere tra i generi e avvicinando il balletto a un pubblico più ampio.
L’idea di “West Side Story” nacque dalla volontà di Robbins di creare un’opera che riflettesse le tensioni sociali e culturali dell’America degli anni ’50. Insieme a Leonard Bernstein, Stephen Sondheim e Arthur Laurents, concepì un musical ispirato a “Romeo e Giulietta” di Shakespeare, ambientato però nelle strade di New York tra gang rivali. Inizialmente, il progetto si chiamava “East Side Story” e avrebbe dovuto raccontare il conflitto tra ebrei e cattolici. Tuttavia, con l’aumento dell’immigrazione portoricana e le crescenti tensioni razziali, il focus si spostò sul confronto tra gli Sharks, una gang di immigrati portoricani, e i Jets, giovani bianchi di origine europea.
Robbins era determinato a creare un’opera in cui la danza non fosse un mero ornamento, ma un elemento fondamentale della narrazione. Voleva che ogni movimento contribuisse a sviluppare i personaggi e la trama, riflettendo le emozioni, le aspirazioni e le paure dei protagonisti. Questa visione rivoluzionaria richiedeva un approccio innovativo sia nella coreografia che nella regia.
Una delle innovazioni più significative fu l’uso del prologo senza parole. “West Side Story” si apre con una sequenza di danza che introduce il pubblico nel mondo delle gang, mostrando il territorio, le rivalità e le tensioni esistenti. Senza bisogno di dialoghi, attraverso movimenti coordinati, gesti e sguardi, Robbins riuscì a trasmettere informazioni cruciali sulla storia e sui personaggi. Questa scelta narrativa enfatizzava il potere espressivo della danza e coinvolgeva immediatamente gli spettatori nell’azione.
Robbins combinò una varietà di stili di danza per creare un linguaggio coreografico unico. Il balletto classico venne utilizzato per le scene più romantiche e sognanti, come l’incontro tra Tony e Maria. La danza moderna e il jazz servirono a rappresentare l’energia caotica della vita urbana e l’aggressività delle gang. Le influenze latine erano evidenti nelle danze degli Sharks, incorporando movimenti tipici della salsa e del mambo, che aggiungevano autenticità culturale e sottolineavano l’identità portoricana dei personaggi.
L’uso innovativo dello spazio scenico era un altro elemento chiave della coreografia di Robbins. Le scenografie ricreavano l’ambiente urbano di New York con edifici, scale antincendio e vicoli. I danzatori interagivano con questi elementi, salendo e scendendo scale, saltando su e giù da piattaforme, creando un senso di movimento verticale oltre che orizzontale. Questa dinamica aggiungeva profondità alle scene e rifletteva la complessità della vita nelle strade affollate della città.
Ogni personaggio e gruppo aveva un vocabolario di movimento distintivo. I Jets si muovevano con gesti rapidi, angolari e aggressivi, riflettendo la loro insicurezza e il desiderio di dominare il loro territorio. Gli Sharks esibivano movimenti più fluidi e ritmici, integrando passi di danza tradizionali portoricani, che esprimevano solidarietà e orgoglio culturale. Tony e Maria, al centro della storia d’amore, si muovevano con grazia e leggerezza, simbolizzando la purezza dei loro sentimenti in contrasto con l’ambiente ostile che li circondava.
“West Side Story” affrontava temi sociali complessi come il razzismo, l’immigrazione, la povertà e la violenza giovanile. Robbins era consapevole dell’importanza di rappresentare queste questioni in modo autentico e rispettoso. Insistette affinché i ruoli dei personaggi portoricani fossero interpretati da attori e danzatori di origine latina, una scelta non comune all’epoca. Questa decisione contribuì a dare maggiore credibilità all’opera e a promuovere la diversità sul palcoscenico di Broadway.
La collaborazione tra Robbins, Bernstein, Sondheim e Laurents fu fondamentale per il successo di “West Side Story”. Ognuno di loro portò competenze e sensibilità diverse, ma condivise la visione di creare un’opera che fosse innovativa sia dal punto di vista artistico che sociale. Bernstein compose una colonna sonora che mescolava jazz, musica classica e ritmi latini, riflettendo la diversità culturale di New York. Sondheim, al suo debutto come paroliere, scrisse testi che catturavano le speranze e le frustrazioni dei giovani protagonisti. Laurents contribuì con un libretto che affrontava temi universali come l’amore, l’odio e il desiderio di appartenenza.
Nonostante l’impegno per l’autenticità, “West Side Story” fu oggetto di critiche riguardo alla rappresentazione dei personaggi portoricani. Alcuni ritenevano che gli Sharks fossero stereotipati e che l’opera non riflettesse pienamente la complessità delle esperienze degli immigrati. Queste critiche hanno portato, nel corso degli anni, a riflessioni e revisioni nelle produzioni successive, con l’obiettivo di rendere la rappresentazione più accurata e rispettosa.
Robbins era noto per il suo perfezionismo e per essere un direttore esigente. Durante le prove, spingeva i danzatori e gli attori al limite, cercando di ottenere performance autentiche e intense. Questo metodo di lavoro poteva generare tensioni e stress, ma molti riconoscevano che il risultato finale giustificava gli sforzi. Robbins credeva profondamente nell’importanza dell’arte come mezzo per esplorare la condizione umana e riteneva che solo attraverso un impegno totale si potesse raggiungere l’eccellenza.
Il debutto di “West Side Story” nel 1957 fu un momento cruciale per Broadway. L’opera ricevette recensioni entusiastiche per l’innovazione nella coreografia, nella musica e nella narrazione. Anche se inizialmente non vinse molti premi Tony, l’impatto culturale fu enorme. L’adattamento cinematografico del 1961, co-diretto da Robbins e Robert Wise, amplificò ulteriormente la portata dell’opera, vincendo 10 Premi Oscar, tra cui Miglior Film e Miglior Regia.
L’eredità di “West Side Story” e di Jerome Robbins è profonda e duratura. L’opera ha influenzato generazioni di coreografi, registi e artisti, ridefinendo ciò che un musical poteva essere. La fusione di danza, musica e dramma in un’unica forma espressiva ha elevato gli standard del teatro musicale, incoraggiando la sperimentazione e l’integrazione di discipline diverse.
Robbins ha dimostrato che la danza può essere un potente strumento narrativo, capace di esprimere emozioni e idee complesse senza bisogno di parole. Il suo approccio ha aperto la strada a musical che affrontano temi sociali importanti, incoraggiando il pubblico a riflettere su questioni come l’identità, l’appartenenza e il pregiudizio. La sua capacità di combinare tecnica e passione ha ispirato artisti in tutto il mondo, promuovendo una visione dell’arte come mezzo per il cambiamento sociale.
Negli anni successivi, “West Side Story” è stato riproposto in numerose produzioni teatrali e adattamenti cinematografici, tra cui il film del 2021 diretto da Steven Spielberg. Ogni nuova interpretazione ha cercato di rendere omaggio all’opera originale, pur aggiornando elementi per riflettere le sensibilità contemporanee. Questo testimonia la rilevanza continua dell’opera e la sua capacità di parlare a pubblici diversi attraverso le generazioni.
Jerome Robbins ha lasciato un segno indelebile nel mondo della danza e del teatro. La sua dedizione all’arte e la sua ricerca incessante dell’eccellenza hanno elevato il livello professionale delle produzioni teatrali e hanno contribuito a formare artisti completi, capaci di cantare, recitare e danzare con pari abilità. La sua eredità è custodita e promossa dalla Jerome Robbins Foundation, che sostiene progetti artistici e formativi in suo nome.
In conclusione, Jerome Robbins e “West Side Story” rappresentano un capitolo fondamentale nella storia del teatro musicale e della danza. La loro influenza si estende oltre i confini dell’arte, toccando aspetti sociali e culturali che rimangono attuali. Robbins ha dimostrato come l’arte possa essere un riflesso della società e, allo stesso tempo, uno strumento per stimolare il cambiamento e la comprensione reciproca. La sua capacità di catturare l’essenza delle emozioni umane attraverso il movimento continua a ispirare artisti e appassionati, consolidando il suo posto tra i grandi innovatori del XX secolo.
[In alto: una scena dal musical West Side Story]
A cura di Alberto Soave