Giselle e il teatro musicale, un libro alla ricerca delle radici del balletto romantico per antonomasia
«Il saggio dedicato al balletto “Giselle” indaga i processi di formazione di un prodotto da sempre considerato squisitamente francese e che invece non nasce per filiazione diretta dalla “Sylphide” di Filippo Taglioni: è infatti possibile riconoscervi una forte influenza dell’opera italiana, che ha condizionato profondamente la sua genesi. Importante è il ruolo ricoperto dal palcoscenico del Teatro di San Carlo di Napoli, crocevia di personalità di spicco e terreno fertile per le suggestioni preromantiche.» È così che l’autrice Maria Venuso ci introduce il suo ultimissimo lavoro “Giselle e il teatro musicale”, con un sottotitolo che propone nuove visioni per la storia del balletto in un volume che è una scoperta tra le scoperte.
Scritte per appassionati e cultori della materia, le duecentotrentanove pagine sono un excursus nei meandri della danza e della musica prima, durante e dopo “Giselle”, curate con dedizione maniacale da Maria Venuso che, da sempre, approfondisce la Scuola di Ballo del Teatro di San Carlo e le interrelazioni tra la danza e la musica della prima età romantica.
Edito dalla fiorentina Polistampa con il Patrocinio dell’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli ed il contributo dell’Associazione Culturale Campania Danza, la “Giselle” della Venuso è qui tutta da scoprire, con anche il contributo della collega Roberta Albano lesta a svelarne coraggio e necessità. Il coraggio di approfondire uno tra i titoli più sviscerati della storia del balletto e la necessità, sempre feconda in chi ama scoprire i nuovi orizzonti della storia del balletto, di legare indissolubilmente la storia, la musica ed il balletto stesso, come raramente e con difficoltà è stato fatto fin qui.
La Venuso ha infatti scoperchiato il triangolo Parigi, Vienna e Napoli per ragioni politiche e dinastiche. Così come ha voluto stanare le esigenze dell’opera lirica dal suo rigoroso forziere appannaggio di una serie di interferenze che ha reso “Giselle” quel che è stato e quel che è ancora oggi. Ovvero «un balletto che riassume e porta a maturazione una serie di elementi che hanno nutrito mezzo secolo di storia, pur non essendo un manifesto della sua epoca» chiarisce l’autrice, articolando il volume in tre parti ben definite.
La prima è dedicata ad una presentazione dei principali temi della letteratura, dell’arte e della cultura del tempo, concentrandosi sulla realtà napoletana muratiana e poi borbonica per sottolineare l’età della produzione sancarliana.
La seconda parte è invece dedicata al balletto preromantico e romantico francese sempre più pronto a concepire l’idea e la messinscena di “Giselle, ou Les Wilis” attingendo dall’opera idilliaco-pastorale italiana e dall’opera dei fantasmi tedeschi. Una matrioska che ha generato il titolo ed il fenomeno “Giselle”, portatore sano di oniriche novità di quegli anni.
La terza ed ultima parte del volume è invece la puntuale rilettura del balletto, della sua genesi e della sua innegabile importanza dal punto di vista drammaturgico. L’autrice ha altresì voluto prendere in esame le fonti utili al librettista Théophile Gautier ed anche le versioni successive allestite in Italia.
È infatti molto interessante la puntualizzazione storiografica dell’autrice circa il monopolio pensante di Parigi e del suo Teatro dell’Opéra a danno della crescita e della valorizzazione di altri poli coreutici quali Napoli ed il suo Teatro di San Carlo, ad esempio. Del resto la città partenopea ha potuto godere della vivacità francese nella primissima parte dell’Ottocento, figurandosi quale contraltare coreutico della Parigi dominante, esportando spesso e volentieri uomini, donne ed idee che poi l’hanno resa appetibile nel mondo della danza.
È forse anche per questo che nel dna di “Giselle” possiamo trovare tracce più o meno energiche di Napoli, del Teatro di San Carlo e della sua cultura? La lettura di “Giselle e il teatro musicale” non è per tutti ma certamente risponde a curiosità trasversali a studiosi ed appassionati pronti a guardare al di là delle apparenze.
Massimiliano Craus