Oggi, 13 anni dalla scomparsa di Maurice Béjart

Oggi si commemora l’anniversario della scomparsa di Maurice Béjart, all’anagrafe Maurice-Jean Berger (Marsiglia, 1º gennaio 1927 – Losanna, 22 novembre 2007), tra i più grandi e celebrati coreografi del Novecento. Béjart è stato il filosofo della danza, tutti sono d’accordo, ma è anche colui che ha reso popolare il balletto fra le moltitudini, usando grandi spazi e quindi uscendo dai confini angusti dei teatri convenzionali, come affermò Mario Pasi nel suo libro “Balletto del Novecento e Danza Moderna”.

Maurice Béjart
Maurice Béjart

Uomo di grande magnetismo Béjart si convinse subito di poter aprire al balletto nuove vie espressive e decise di non aver nulla a che fare con la classicità, né tantomeno coi titoli del grande repertorio.

Béjart concepiva la danza come la più grande delle religioni ed in questo egli è antico e moderno al tempo stesso. Poiché fonde, come nel lontano passato, amore e ballo.

Béjart pensava anche che il balletto non doveva essere rinchiuso nei luoghi convenzionali e che invece doveva essere aperto alle grandi masse del pubblico: utilizzò dunque spazi nuovi, i palazzi dello sport e i grandi luoghi all’aperto.

Da ragazzino aveva una costituzione fisica alquanto fragile e per questo i suoi genitori lo indussero a seguire dei corsi di danza. Dirà più tardi: ”Non volevo essere un danzatore. È la danza che mi ha scelto.”

Nel 1948 partecipa alla prima stagione dei “Ballets de Paris” creati da Roland Petit, l’anno dopo viene scritturato dall’ “International Ballet” a Londra dove danza per ben 103 volte la variazione dell’Uccello di fuoco, scopre la libertà del linguaggio coreografico di Jerome Robbins e ha esperienze artistiche in Svezia, accanto a Birgit Cullberg che lo avvia alla conoscenza di Kurt Joos.

Maurice Béjart ritratto da Francesca Camponero

Forma una sua piccola compagnia, “Ballet de l’Étoile” con la quale presenta le prime opere che comincia a firmare. Dirà in seguito: ”Senza costumi, senza scene, il danzatore moderno sarà più vero… seguendo il ritmo del proprio corpo. Questa idea si concretizzerà con alcuni lavori tra cui l’inquietante Symphonie pour un homme seul giudicato dalla critica “un vero balletto del futuro”, in cui ci mostra un uomo nella solitudine. Balletto di straordinaria forza umana e simbolica dove Béjart usa la musica elettronica da vero pioniere.

Crea una sua personale versione della Sagra della Primavera di Igor Stravinsky, spogliandola delle sue memorie russe ed anche dei suoi significati pagani e sacrificali per farne un’apoteosi dell’amore che salva ed esalta la vita. Con questo balletto Béjart diviene un modello di stile e per lui è l’inizio di una nuova vita artistica. Il successo è talmente grande che gli viene offerto di restare a Bruxelles fondando una grande formazione. Nasce così il “Ballet du XXème siècle”.

Sarà proprio per questa compagnia che Béjart, per ben 27 anni, creerà una lunga e felice serie di lavori, alcuni dei quali diventati veri e propri classici. È con il “Ballet du XXème siècle” che Béjart, in applauditissime tournées, uscirà dai consueti spazi teatrali per portare il suo messaggio di forza e di bellezza alle più varie platee in stadi e palasport.

Clamoroso esempio fu la Nona Sinfonia di Beethoven (1964) che batté tutti i record di pubblico. Mai come in questa occasione Béjart fu convinto che la danza, oltre che religione antica, è bellezza e gioventù. Con questa nuova produzione rompe ogni confine rappresentativo ed espone i suoi nuovi principi filosofici, ovvero la necessità e la grandezza dell’amore universale, purificato in una superiore unità dove il particolare si fonde nell’Assoluto.

Maurice Béjart ritratto da Francesca Camponero
Maurice Béjart ritratto da Francesca Camponero

Ma altri lavori troveranno grande successo nei fervidi anni sessanta e settanta, a cominciare dalla nuova versione del Bolero di Ravel (1961) partitura nata per la famosa danzatrice Ida Rubenstein. La sua coreografia è essenziale, e ci regala un crescendo di eccitazione e di desiderio sessuale che culmina in un finale di violenza con gli uomini che sommergono la protagonista. Sarà un successo mondiale.

Nel 1970, sempre a Bruxelles, nasce anche il Mudra (Gesto), l’istituto di insegnamento e di perfezionamento voluto da Béjart, il quale, partendo dalla danza sviluppa la formazione di interessi completi sul piano tecnico (attori, cantanti e musicisti) e contribuisce a rafforzare la personalità dei vari artisti.

L’universo di Béjart si rivela assolutamente eclettico nelle sue articolazioni letterarie, musicali e filosofiche, anche perché estremamente eclettico è il suo stile. Uno stile fortemente moderno ma intriso di classicità, contrassegnato da una non ripetitività dei passi, dalla segmentazione delle concatenazioni e da quelle continue virate in velocità che poi molti altri coreografi avrebbero imitato.

Béjart ha percorso molte strade parallele, solo apparentemente in contrasto fra loro: da una parte sta il rigore e dall’altra la via delle grandi evasioni dello spirito. In opposizione all’apollineo Balanchine, si era gettato nel dionisiaco, cercando quella sintesi fra le spiritualità orientali e occidentali.

Il suo è uno stile che volutamente sfugge ad ogni codificazione, proprio perché per Béjart ogni innovazione è sempre possibile. Alla continua ricerca di nuovi orizzonti il suo destino lo ha portato ad abbandonare Bruxelles per la più raccolta Losanna, in Svizzera, dove dalle ceneri del “Ballet du XXème siècle” è nato il “Béjart Ballet Lausanne”. Nel corso del 1992, sempre a Losanna, Béjart crea una école-atelier che chiama “Rudra”, uno dei nomi del dio indiano Shiva che evoca lo spirito della combattività.

Scrisse anche un libro intitolato ‘Lettere ad un Giovane Danzatore‘ che si pone come presupposto di rispondere alla domanda “Che cosa è la danza?“. Lo stesso Béjart raccontando cos’è per lui la danza lascia libera la risposta a questa domanda, permettendo ad ogni ballerino, lettore e appassionato di rispondere con quella che è la propria esperienza. Così non è più solo un libro di consigli su quest’arte, ma una vera e propria fonte di ispirazione da cui ogni ballerino può trarre stimolo su come vivere e interpretare la danza tutti i giorni.

In oltre 50 anni di attività ha frequentato Wagner e l’Islam, Nietzsche e Mishima, Goethe e Federico II, la Germania e il Mediterraneo, Mozart e i Queen, Versace e Luigi XIV, Pasolini e Fellini. Realizzando un affresco artistico spesso contrastante, una geografia che spazia per il mondo intero, dedicando balletti alle più disparate parti e culture del globo.

Maurice Béjart è morto a Losanna il 22 novembre 2007, aveva 80 anni.

Francesca Camponero

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