Questo è il teatro dal vivo
Qualche sera fa RAI 5 ha trasmesso l’opera lirica “Carmen” con la regia di Emma Dante che aveva aperto la stagione del Teatro alla Scala il 7 dicembre del 2009.
Come ha scritto il collega Roberto Mori ”…la regista palermitana – che aveva già firmato in precedenza una decina di spettacoli ad alto tasso di provocazione e violenza – rivisita il capolavoro di Bizet attraverso uno sguardo per così dire vergine. Un alfiere della tradizione come Franco Zeffirelli definì “indegne” le scene e “oscena” la regia, arrivando a sostenere che la Dante sarebbe una portatrice del “male sulla scena” e pertanto “da arrestare”.
Ma invece questa regia, che non si allinea certo alle precedenti, è stata sostenuta da buona parte della critica, proprio per la sua unicità che, come prosegue Mori, “non evoca cartoline, ma l’aura tragica di pomeriggi infuocati di sole e sangue, percorsi dal demone di una tristezza sconsolata”.
Ma noi non siamo qui per fare un’altra recensione del bellissimo lavoro della Dante, ma per riesaminare la preziosità dello spettacolo dal vivo e lo facciamo attraverso le parole scritte da qualcuno che prese parte all’allestimento di quell’opera, in veste di mimo, Enzo Curcurù.
Enzo Curcurù è uno splendido attore che io ho avuto il piacere di conoscere ed a cui ho insegnato i primi rudimenti di danza classica nel 2001 mentre sudiava all’Accademia d’Arte Drammatica Silvio d’Amico di Roma. Ha lavorato con grandi come Franco Branciaroli, Glauco Mauri, Monica Guerritore, e anche in tv ne “L’onore e il rispetto” fiction prodotta da Mediaset con la regia di Salvatore Samperi. Ma l’esperienza nel più grande teatro del mondo, il Teatro alla Scala, all’interno del lavoro con la Dante, gli ha lasciato un segno importante, tanto da scrivere questo su Facebook dopo aver rivisto l’opera in tv:
Rivedendola mi è salita una nostalgia di quel periodo cosi spensierato, divertente e faticoso che mi si è stretto il cuore.
Ricordo il rumore delle ginocchia che sbattevano a terra.
Ricordo lo spirito di un gruppo di ragazzi e ragazze fantastici che hanno iniettato nei luoghi di quel teatro argento vivo, e con cui ho condiviso sudore, frustrazione, massaggi, fratellanza, risate e qualche scatoletta di tonno.
Ricordo di aver percepito il vero effetto dolby surround stando al centro di uno dei palcoscenici più famosi al mondo, con circa cento persone che cantano e altre cento che suonano sulla stessa linea del tempo, facendo il miracolo nei miei timpani invasi da frequenze mai udite.
Ricordo la palpitazione a 3000 prima di entrare in scena, manco avessi dovuto interpretare Carmen, per dei movimenti scenici che sembrano facili ma che in realtà non lo erano affatto considerando che, in diretta in mondo visione con telecamere ovunque, anche la più innocua sbavatura sarebbe stata una figura di merda colossale per TUTTI (ma grazie a Dio i posteri avranno questa versione, che alla fine non è venuta poi così male).
Ricordo l’emozione sorprendentemente controllatissima del debutto (a soli 25 anni) di quella che poi si è rivelata una stella della lirica a livello mondiale, Anita Rachvelishvili-Maisuradze e i miei pianti a singhiozzi durante le ovazioni che la sommergevano.
E poi ricordo le serate a cantare per strada in una Milano bellissima, con dei mostri sacri come Jonas Kaufmann un pò brillo che intonava stornelli a squarciagola toccando degli acuti irraggiungibili tanto da bloccare un’intera via di Brera. E le cene al ristorante argentino con Daniel Baremboim che suonava il piano facendoci ballare dei tanghi improvvisati.
Certo eravamo solo dei “mimi” (si chiama così il ruolo che ricoprivo insieme ai miei compagni) ma avevamo gli occhi talmente accesi che ci sembrava di essere i Pink Floyd”.
Tutto questo mi è sembrato bellisimo e molto significativo in questo momento, perchè nelle parole espresse da Enzo c’è tutto ciò che rappresenta il teatro. Il teatro è emozione, un’emozione che arriva dagli interpreti in scena e che si ripercuote sul pubblico, per questo il teatro ha bisogno di essere a teatro. Il teatro è vivo, è palpitante, come un cuore. Il teatro vuole vita, perchè è vita. Per questo urliamo: riapriamo i teatri al più presto!
Francesca Camponero
[Nella foto in alto, i mimi nella Carmen di Emma Dante]