L’affascinante Pinocchio metafisico di Opus Ballet
La favola di Pinocchio ha tanti risvolti che non tutti hanno preso in esame e che invece l’autore, il giornalista scrittore Carlo Lorenzini, alias Carlo Collodi, aveva ben chiari quando ha scritto i racconti di quello che diventò il più famoso burattino del mondo. La sua creatura, il pezzo di legno animato, ma senza volontà, in quanto burattino, non è altro che un’allegoria del sé inferiore, mentre il bambino vero, rappresenta la nascita sé superiore. Il primo passo di Pinocchio, quello di andare a scuola, simboleggia la “Conoscenza”, così come la Fatina, o Bambina dei capelli blu, rappresenta l’anima del burattino, il vero Sé, a cui elargisce il dono della vita e del libero arbitrio. Ella osserva ed assiste Pinocchio durante le sue vicissitudini, intervenendo solo quando la situazione si fa grave e aiutandolo a trovare la retta via (Illuminazione). Il gatto e la volpe sono le tentazioni che indicano la strada facile della fama e della fortuna di cui il burattino subisce il fascino e ne rimane travolto. Così come il paese dei balocchi è la metafora della vita, caratterizzata dall’ignoranza, dalla ricerca della gratificazione immediata e dalla soddisfazione dei più bassi impulsi. Per fortuna, dopo aver visto la vera natura della strada facile, Pinocchio si rende conto del suo triste stato: ovvero di essere stato ingannato, e pertanto di aver messo in vendita la sua anima. Si ravvede, riguadagna la sua coscienza (il Grillo Parlante) e cerca di scappare. L’intervento divino (Fatina) è necessario per salvarlo. Una volta riconquistata la sua coscienza e torna a casa per unirsi al Padre, scopre che Geppetto è stato inghiottito dalla balena. Si getta allora in acqua e finalmente si ricongiunge a lui che è il suo Creatore. È fuggito dall’ignoranza per guadagnarsi la luce spirituale. Ecco che a quel punto diventa un bambino vero, un uomo illuminato, che ha rotto le catene della vita materiale per abbracciare il suo sé superiore, ma nulla gli è stato regalato perchè questo è il percorso della vita per ogni uomo.
Collodi dunque racconta del mito della reincarnazione, ovvero della discesa di un essere nel mondo, delle sue trasformazione e illuminazione. Spiega che questo prodigio può avvenire in ognuno di noi e dona ai lettori magnifici strumenti per trasfigurare la propria personalità e il mondo intero. È il viaggio del singolo alla conquista di sé stesso, il risveglio dall’ignoranza, il percorso di un individuo che cerca la dignità di uomo. Siamo tutti Pinocchio. Ecco perchè la storia di Pinocchio affascina da sempre tutti e non è mai banale. Ecco perchè la storia di Pinocchio è stata protagonista di innumerevoli letture sceniche, dal teatro alla danza, dal musical al cinema, con più o meno fortuna, con più o meno correttezze drammaturgiche, con più o meno rispetto di questo personaggio, ma comunque con tanta esigenza di tirare fuori dalle pagine del libro di Collodi quella verità e saggezza che a nessuno arriva sconosciuta.
Ed è proprio grazie a tutto questo enorme e complesso materiale che le sinergie fra la compagnia Opus Ballet, la coreografa Patrizia de Bari e il drammaturgo Tuccio Guicciardini, fanno rivivere questo meraviglioso mondo che prende forma attraverso parola, movimento, musica e video prendendo la direzione immaginifica e simbolica, che si va a modellare sulle necessità espressive contemporanee. Un lavoro capillare e sapiente che non tralascia nulla, portando sulla strada giusta il pubblico. La straordinaria interpretazione di Virginio Gazzolo che apre lo spettacolo con un monologo dal “Trattato delle marionette” di Kleist ci dà l’opportunità di situare immediatamente Pinocchio in una lettura intuitivamente riconoscibile. La marionetta si colloca tra il divino e il terreno.
La scelta che il burattino sia intepretato da una danzatrice femmina è importante ed ha un suo perché. Il suo essere femmina e quindi pieno di quella curiosità tipica delle donne, porta Pinocchio verso la scoperta della vita a rischio di tutto. La sua voglia di libertà e riscatto è tipicamente femminile, come la ricerca spasmodica dell’emozione che solo i viaggi fantastici e pericolosi sanno dare. Ma in lui, che è una lei, sono forti anche il senso degli affetti, della giustizia, dell’onestà.
La compagnia Opus Ballet rivela una grande capacità espressiva dei suoi elementi che va di pari passo con un’ottima tecnica di danza contemporanea. La coreografia di Patrizia de Bari, garbata, ripettosa del testo e per questo sapiente, ci immerge in un mondo fluido e sospeso, ridonandoci le pagine del libro di Collodi arricchite. E poi c’è lui Virginio Gazzolo, un grande del teatro italiano, che recitando brani di Von Kleist di Baudelaire, Meyerchold, Rilke e dello stesso Collodi (“il cammino dell’anima del danzatore”), garantisce all’ spettacolo un valore aggiunto che fa la differenza.
Senza dubbio uno spettacolo da vedere e che riconcila con il mondo della danza e del teatro attuale.
Francesca Camponero
[Tutte le foto sono di Salvatore Abrescia]