Franco Branciaroli protagonista della Medea al maschile di Ronconi
Da ieri il palcoscenico del Teatro alla Corte di Genova ospita uno spettacolo di Luca Ronconi prodotto nel 1996, Medea. Una Medea molto particolare che vede protagonista un uomo, Franco Branciaroli,uno degli artisti che con Ronconi ha lavorato più a lungo e in maggiore vicinanza.
Questa ripresa, ad opera di Daniele Salvo, ha debuttato lo scorso 9 maggio al Teatro Sociale di Brescia, ed è una produzione del Centro Teatrale Bresciano insieme al Teatro de Gli Incamminati e al Piccolo Teatro di Milano. La Medea di Ronconi di quella di Euripide conserva solo la storia e appare molto lontana dai sapori arcaici. Volere come protagonista un uomo anziché una donna è stata una scelta importante perchè inevitabilmente tutto quello che sentiamo uscire dalla bocca di Medea è maschile. La Medea di Ronconi ha paura del ridicolo, ed una donna non ha paura del ridicolo. Il ridicolo è il terrore dell’eroe omerico: Achille aveva paura di esser ridicolo. La Medea di Ronconi è volutamente piena di attributi e atteggiamenti maschili, tanto che ad un certo punto dice anche “Io preferisco combattere che partorire”, frase che non va certo sottovalutata.
Con una maglia bianca a maniche lunghe e una sottoveste nera, con un po’ di pizzo sul décolleté, Medea–Franco Branciaroli si mostra come una donna dalla forte componente maschile, che agisce in maniera subdola per ingannare, usando la sua femminilità come una maschera per convincere le donne di Corinto a parteggiare per lei. E con loro, rappresentate come donne di servizio, con l’aspirapolvere in mano, parla di banalità, e con loro, davanti ad una misera cucina si siede a sbucciare patate. La prima parola che dice quando appare in scena è “donne”proprio perchè da queste donne cerca la complicità che la renderà forte.
La Medea di Ronconi non è un uomo che si traveste da donna, ma semplicemente un mostro. Entra in scena con le mani lorde di sangue: ha ammazzato il fratello Pelia attraverso le figlie. Lo snodo principale di tutta la tragedia è l’incontro con Egeo, il re di Atene. Grazie a lui arriverà ad Atene, e questa è un’idea geniale di Euripide. La gelosia verso Giasone è la miccia, ma il vero punto è che deve fare un sacrificio ai demoni vendicatori dell’Ade. Perché lei ha tradito la sua terra, la sua cultura, ha ucciso il drago che custodiva il vello d’oro, insomma si è macchiata di atti gravissimi e deve riparare con un sacrificio. E così mette in atto l’assassinio della nuova sposa del marito che comporta anche l’assassinio dei figli. Medea andrà in esilio per la strage dei figli, per aver osato l’inosabile. E la cosa peggiore è che per questo rimarrà impunita, perché gli dèi lo ritengono un sacrificio, non un delitto.
Con questa lettura del testo di Euripide Ronconi ci vuole dimostrare quanto la visione del mondo dei greci antichi sia lontana da noi, e ricordiamo quanto Ronconi sia stato un grande analizzatore di teatro. Queste tragedie non sono quello che noi siamo abituati a credere che siano. Se Medea non avesse messo in atto il suo piano, i bambini sarebbero stati afferrati e messi a morte per vendetta nei confronti della madre. Quindi anche se il suo ragionamento è pazzescamente cinico, è comunque un ragionamento.
Franco Branciaroli nel recitare Medea usa una tecnica che definisce sua, ma che francamente sembra molto emulare quella di Carmelo Bene. Alterna toni alti a bassi, e usa timbri diversi dando alla parole grande senso onomatopeico. La scenografia di Francesco Calcagnini, ripresa da Antonella Conte vede una scala lignea sulla destra, che rappresenta il luogo del potere, e sulla sinistra due schermi, che presentano dei video, uno mostra un intervento chirurgico, l’altro il deserto. Il significato di queste proiezioni è che un passaggio da una civiltà ad un’altra comporta sempre sangue e questo passaggio di Medea tra queste due civiltà costerà sangue. In scena gli attori non vestono pepli, ma abiti degli anni’60, del resto il peplo avrebbe reso meno facile il gioco uomo-donna.
Lo spettacolo sarà al Teatro della Corte fino a domenica 19 novembre.
Francesca Camponero