Le tre facce dell’Amore
Nella conferenza stampa di ieri, Svetlana Zakharova ci ha spiegato quale è il filo conduttore del trittico da lei fortemente voluto “Amore”.
Sappiamo tutti che l’amore ha moltissime facce e, per lo spettacolo, ne sono state scelte tre: l’amore tragico di Francesca da Polenta (o da Rimini). Una delle storie d’amore più note della storia, soprattutto perché cantata da Dante Alighieri nel canto V dell’Inferno. Francesca (nata a Ravenna nel 1259 o 1560) era figlia di Guida da Polenta, il locale signore. Nel 1275, quando Francesca aveva 15 o 16 anni, venne data in sposa a Ganciotto Malatesta, un condottiero che, assieme al fratello Paolo aveva combattuto per conto di Guido contro la famiglia rivale dei Traversari per il controllo di Mantova. Un matrimonio non certo d’amore, tanto che Francesca tradì Ganciotto con il fratello Paolo, del quale si era innamorata il giorno stesso delle nozze. A tradimento scoperto, i due amanti vennero uccisi dal marito tradito. Da allora Paolo e Francesca sono la metafora degli amori impossibili.
La coreografia di questo primo atto del trittico è di Yuri Possokhov, già primo ballerino del Boshoi di Mosca e di molte altre compagnie internazionali.
Dopo questa prima incursione in un territorio che potremmo definire neoclassico (anche se certe classificazioni dicono, al giorno d’oggi, assai poco), Zakharova fa due incursioni nel contemporaneo con Rain Before it Falks di Patrick De Bana, già primo ballerino del Béjart Ballet. Si tratta di un balletto astratto che vuole portare lo spettatore a conclusioni personali, basate sulla propria esperienza individuale. Un tema assai difficile che, secondo i critici che hanno assistito alle precedenti rappresentazioni, viene affrontato in maniera un po’ tradizionale, una ballerina, un ballerino e un comprimario. Una coreografia studiata apposta per mettere in risalto le linee lunghissime di Svetlana Zakharova, amplificate dalla lunga tunica viola visibile nella fotografia che introduce queste considerazioni.
Il terzo brano, secondo le recensioni, è il più interessante. Mostra infatti una Zakharova diversa, più sbarazzina e meno “classica”, forse meno “russa” e più “occidentale”. L’autrice di quest’ultima coreografia e Marguerite Donlon, irlandese che prima di passare – sedicenne – agli studi classici, aveva praticato la danza tradizionale irlandese. L’intento del terzo atto è quello di esplorare l’amore da un punto di vista ironico.
Con lo spettacolo di questa sera, il pubblico potrà farsi un’idea più precisa, visto che a Genova di Svetlana Zakharova finora abbiamo soltanto sentito parlare. E vedere all’opera una grande interprete internazionale della sua fama in un teatro magnifico come il “Carlo Felice” merita come minimo quell’attenzione che stiamo cercando di dare all’evento, in attesa che arrivi in città Roberto Bolle con il suo “Roberto Bolle & Friends” fra una quindicina di giorni e si apra un altro capitolo del nostro racconto.
Alberto Soave