Rebecca Bianchi prima ballerina del Corpo di Ballo dell’Opera di Roma
Dopo pochi giorni dalla promozione di Sara Renda a étoile dell’Opéra di Bordeaux, siamo con piacere a registrare una nuova promozione, comunicata alla diretta interessata direttamente sulla scena. Evidentemente questa sta diventando un’abitudine… ma è bello così, è un’ulteriore emozione regalata al pubblico in sala.
Nel commentare questa premiazione, avvenuta al termine della rappresentazione de “Lo Schiaccianoci” di Giuliano Peparini (in cartellone al teatro Costanzi fino a venerdì 8 gennaio), il sovrintendente dell’Opera di Roma Carlo Fuortes ha dichiarato: «Questa nomina rappresenta un’importante crescita per l’artista e per il Teatro dell’Opera di Roma, per offrire a un talento italiano l’opportunità di fare carriera nel suo Paese e contribuire, con questa scelta, all’arricchimento del panorama ballettistico».
Anche questa volta si tratta di un grande successo della Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala. Da ieri l’ex allieva Rebecca Bianchi è prima ballerina del Corpo di Ballo dell’Opera di Roma, diretto da Eleonora Abbagnato.
Ma procediamo con ordine.
Rebecca inizia a frequentare la Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala nel 2001, a undici anni, inizialmente sotto la direzione di Anna Maria Prina, poi, dal 2006 al 2009, sotto quella di Frédéric Olivieri. Nel 2009 si diploma e si inserisce immediatamente nella Compagnia dell’Opera di Roma, dove intraprende un significativo e costante processo di crescita professionale e umano che la porta a vincere, nel mese di maggio 2015, il concorso come solista.
Prima di questo Schiaccianoci, la danzatrice parmense ha interpretato diversi ruoli, fra cui i più recenti in The Pink Floyd Ballet di Roland Petit e in Giselle.
Questi successi delle nostre ballerine sono l’ennesima testimonianza della validità della Scuola italiana di balletto. E questo, nel nostro piccolo mondo di InformaDanza, lo riconosciamo pienamente e ci sforziamo di allargarlo al maggior numero possibile di lettori. Sarebbe il caso, però, che questo nostro orgoglio venisse condiviso anche dal mondo dei mass media e, soprattutto, da quello politico che da anni non è in grado di sviluppare una seria politica di sviluppo della cultura e dell’arte nel nostro Paese.
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