Balletto madrigalesco
in un atto per coro, dieci danzatori e nove strumenti | Libretto
e musica | Giancarlo Menotti (versione ritmica
di Pietro Clausetti) | Coreografia | John
Butler | Prima esecuzione | Washington,
Coolidge Auditorium, 21 ottobre 1956 | Prma
rappresentazione | New York, New York City
Center, 15 gennaio 1957 | Interpreti | Nicholas
Magallanes (l'uomo del castello), Arthur Mitchell (l'Unicorno),
Janet Reed (la contessa), Roy Tobias (il conte) | Scenografia | Jean
Rosenthal | Costumi | Robert
Fletchere (esguiti da Barbara Karinska) | Titolo
inglese | The Unicorn, the Gorgon and the
Manticore or The Three Sundays of A Poet | Si
tratta di una satira più che di una favola. Un poeta stravagante porta
a spasso per la città per tre domeniche consecutive i suoi tre mostri (l'Unicorno,
la Gorgona e la Manticora per l'appunto). Fra gli abitanti della piccola città
è subito un gran parlare, un discutere e un giudicarlo pazzo. Solo alla
fine, alla morte del poeta, i cittadini capiranno che i tre animali rappresentano
le tre età della vita dell'uomo: la giovinezza, la maturità e la
vecchiaia. Questo lavoro di Menotti appartiene al filone
del madrigale polifonico italiano del Cinquecento. Al coro polifonico toccava
il compito di rappresentare un determinato personaggio del libretto letterario.
Alcuni esempi sono rappresentati dal Cicalamento delle donne al bucato
di Alessandro Striggio (1567), dalle Macherate piacevoli et ridiculose per
il carnevale di Giovanni Croce (1590) o dalla Commedia harmonica detta
lo Amfiparnasso di Orazio Vecchi (1594). Del suo
L'Unicorno, la Gorgona, la Manticora Menotti ha fatto, con il gran gusto della
contaminazione tra antico e moderno, una satira dello snobismo conformista. L'autore
era probabilmente avvertito e consapevole del mondano rumore circolante a Spoleto
nei primi anni del celebre Festival da lui ideato e diretto (Festival dei Due
Mondi). L'atto unico si articola in quattro parti: una
Introduzione e tre Domeniche. Ciascuna parte si compone di vari
pezzi per coro, quasi tutti a cappella, per piccola orchestra (nove strumenti)
e per l'azione di dieci danzatori: un balletto da camera quindi, dove l'azione
rende visivo sulla scena quanto il coro narra o commenta nei dodici madrigali. Altre
edizioni si diedero in Europa e furono a opera di Peter Darrell col Western Theatre
Ballet (22 luglio 1958) e di Yvonne Georgi ad Hannover (1959, in torunée
a Roma al Teatro Eliseo, per iniziativa dell'Accademia Filarmonica Romana). La
prima rappresentazione in Italia ebbe luogo al Teatro Angelicum di Milano il 20
gennaio 1962 nella coreografia di Lee Becker, con i costumi di Robert Fletcher
e con la compagnia dei Balletti di Susanna Egri che lo presentò successivamente
in altri teatri del nostro paese (ad esempio al Teatro Gobetti di Torino, con
la stessa Egri interprete del ruolo della contessa). Gli interpreti della prima
milanese furono: Giancarlo Vantaggio (l'uomo del castello), Giuseppe Carbone
(il conte), Lee Becker (la contessa), Enrico Sportiello (il dottore),
Laura Trichero (la moglie del dottore), Alberto Testa (il podestà),
Margherita Pecol (la moglie del podestà), Marta Egri (l'Unicorno),
Loredana Furno (la Gorgona), Maria della Rovere (la Manticora).
Diresse l'orchestra, in quella occasione, Carlo Felice Cillario. Un'altra
versione italiana da ricordare è quella rappresentata al Teatro Carlo Melisso
di Spoleto in occasione del 13° Festival dei Due Mondi con la coreografia
di John Butler, la scena e i costumi di Rouben Ter-Arutunian, interpreti Michael
Tipton (l'uomo del castello), Buzz Miller (il conte), Lois Bewley
(la contessa). La prima rappresentazione si tenne il 28 giugno 1970 con
la direzione d'orchestra di David Kram |