Non
è da tutti i ballerini che tentano la strada della coreografia centrare
il bersaglio al primo colpo: c' è riuscito Franco Ventriglia, ballerino
del Corpo di Ballo della Scala, con questa sua "Solitudine del gigante",
presentata dalla neonata compagnia Bokapa Ekopo (traduzione dal congolese:
"condividere la pelle del leopardo") nel minuscolo, accoglientissimo,
Teatro Greco di Milano per 9 giorni, dall' 11 al 20 Giugno. Forse
dello spettacolo avrà maggiormente goduto chi, come chi scrive, soffra,
al pari suppongo del coreo-autore, del cosiddetto "Mal d' Africa", ma
è un fatto che Ventriglia del Continente Nero, qui indagato nella sua quasi
interezza da Marrakesch al Kilimangiaro, abbia colto lo spirito vitale di calma
e dignitosa indipendenza che lo anima nonostante le aggressioni e gli oltraggi
subiti dalla cosiddetta "civiltà". Ventriglia ha firmato,
sempre a parere del sottoscritto, una delle più belle coreografie in assoluto
viste quest' anno sui palcoscenici, milanesi e non solo: il balletto iniziale
quasi più di mani che di gambe delle 3 donne tuareg velate, l'assolo parossistico
dell' Iniziato, invenzioni come il girotondo di dorsi delle 4 ballerine nella
danza della fertilità delle ragazze del villaggio, la danza del fuoco sono
notevoli pezzi di bravura, originali e piacevolissimi da guardare che richiedono
una tecnica classica plasmata sugli incalzanti ritmi africani. C' è
poi, a rappresentare il rito tribale del matrimonio (preceduto dal rituale bagno
della sposa), uno strepitoso PX2 a piedi nudi davvero africano con una serie di
torsioni, sollevamenti, scivolamenti e srotolamenti che riempiono tutti i livelli
del piano verticale: protagonista, se non sbaglio, la bravissima e bellissima
Sara Barbieri come sposa e, come partner maschile, "L' iniziato", una
volta Fabio Saglibene ed un' altra Mattia Moro. Oltretutto di un erotismo che
si taglia col coltello. La presenza del massiccio guerriero Masai Parfait Agnigbakou,
che si esibisce pure come mangiafuoco e suonatore di jambè, rafforza il
crisma dell' autenticità dell' insieme, anche se la danza, come dire "a
piatti di bilancia oscillanti", eseguita dalle 2 donne italiane Loredana
Brenno e Miriam Garofalo, quest' ultima anche voce solista, in taffettà
lungo fino ai piedi era credibile come quella vista in spettacoli di danza etnica
o dal vivo in Zambia. Delizioso uno dei quadri finali: una passeggiata nella
savana da parte di animali autoctoni dove Ventriglia ha realizzato a quanto
mi consta per la prima volta nella storia della Danza - una sorta di "coreografia
onomatopeica" facendo imitare ad ognuna delle ballerine o ballerini il passo
di un animale selvaggio: vediamo così, con l' ausilio di 2 bastoncini a
simulare le gambe davanti, la figura di Samanta De Montis trasformarsi in una
deliziosa giraffa che incede col suo andamento oscillante quasi claudicante, poi
una zebra, poi un serpente (non lunghissimo
) strisciare, poi una scimmia
fare i suoi scatti e le sue mosse caratteristiche
E, per finire, un elefante
(Elena Rossetti) che entra camminando all' indietro, poi barrisce ed avanza dinoccolando
il posteriore come un pachiderma vero. Forse per qualcuno (magari gli stessi che
non hanno apprezzato il Blue snake nel film di Altman) troppo ingenuo, ma per
me da salire sul palco e baciarli uno ad uno dalla contentezza! Segue una battuta
di caccia grossa con la cattura in una rete di una leonessa (Chiara Borgia): anche
oggi i safari non sono sempre solo fotografici... Regista,
insieme a Ventriglia, è Enrico Vanni, autore anche del "corto"
filmetto (5-6 minuti a dire il vero non indispensabili, specie quando compare
la superflua didascalia "Diversità?"
) proiettato su schermo
prima dei saluti finali. Nei "credits" compare anche il nome di Alessandro
Bigonzetti (figlio d' arte?) quale assistente. Da elogiare senza riserve le
scenografie ed i costumi realizzati dagli studenti dell' Accademia delle Belle
Arti di Brera: tra le strutture sceniche spicca il notevole traliccio girevole
polivalente, ma poi ci sono totem, maschere, tamburi giganti, reti, sabbia subsahariana,
alberi, liane e quasi tutti gli elementi oggetto di un vero viaggio in Africa. Musiche
originali, eclettiche e perfettamente centrate, di Nicola Mosca (parente di Luca?):
accorta fusione di ritmi tribali con archi e fiati romantici. Bene:
ad majora, Franco! LUX LUCIS http://it.groups.yahoo.com/group/IT-ARTI-DANZA/
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