Carmen

Balleto ispirato all’omonimo racconto di Prosper Mérimée
Soggetto, Regia, Coreografia, e Luci
Antonio Gades e Carlos Saura
Musica
Georges Bizet e El Gato Montés del maestro Penella, Verde que te chiero verde di F. Garcia Lorca (José Ortega Heredia), Solera, Gades, Freire,
Interpreti
Cristina Hoyos (Carmen), Antonio Gades (José), Juan A..Jiménez (il marito), Juan Alba (torero)
Scenografia
Antonio Saura

Dal film Carmen Story di Carlos Saura (1983), con Antonio Gades e Laura del Sol, è stato ricavato il balletto teatrale che in Italia si è visto riconoscere il primo grande successo la sera del 9 luglio 1984 al 27° Festival dei Due Mondi di Spoleto (Teatro Nuovo) a cui sono seguite diverse tournée (fra cui Torino, Teatro Regio, ottobre 1984).

Luigi Rossi scrisse nel programma di sala di quella prima spoletina di Carmen in forma di balletto teatrale: «Saura vide Nozze di sangue e decise di tradurlo nella particolare dimensione del cinema, pensando anche a quanto avviene dietro le quinte, la preparazione, i tic, le paure degli interpreti».

Anche in Carmen c’è teatro e metateatro. La protagonista è una ballerina del nostro tempo e il ricalco di Mérimée viene raggiunto plausibilmente. Il marito della protagonista non è più un gitano che torna dalla galera ma diventa uno spacciatore di droga con il quale intrattiene un ambiguo rapporto, così come con lo stesso Gades – Josè, ma qui capocomico e primo ballerino. Il racconto un po’ distaccato, quasi documentaristico, di Mérimée, diversamente angolato da Bizet, viene ulteriormente coniugato da Gades e Saura. “È la storia di un’ ossessione”, l’hanno definita gli autori, ossessione della morte che sola può “liberare dal desiderio”. La progressione verso il tragico finale passa attraverso una forte carica di erotismo, di vitalismo danzante conseguito peraltro attraverso una rigorosa stilizzazione. Non importa se gli spazi del dramma danzato, non siano più la taverna, la montagna, l’arena di Siviglia, ma vengono situati in una diversa astrazione. La storia è atemporale ed eterna, come ogni autentico capolavoro e non ha bisogno dell’aneddoto folcloristico per diventare spagnola. Bastano i visi tragici di Gades e di Cristina Hoyos che qui prende il posto di protagonista in luogo di Laura del Sol, giovane interprete del film. Non occorrono gonne a ruota, con grandi balze a pois, o corpetti dorati da torero. Bastano le calzamaglie, gli scaldamuscoli, le magliette sdrucite da prova per ricreare il dramma coreografico più efficace.

Forse per questo il film è piaciuto tanto ai giovani. Il linguaggio del corpo, di cui si è impadronito anche il cinema, non è qui una conquista recente della moda body-dance, ma un’espressione antichissima che nessuna mercificazione può intaccare e rendere meno autentica e intensa.


A cura di Alberto Soave


Fonti:

  • Alberto Testa, I Grandi Balletti, Repertorio di Quattro Secoli del Teatro di Danza, Gremese Editore, Roma 1991

 

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