Marie Sallé invece fu presa ad emblema dai lullisti (seguaci del compositore Jean-Baptiste Lully) che la consideravano “la musa del gesto modesto e grazioso”. Essendo una ballerina della scuola nobile venne giudicata a torto come il simbolo del passato. Riuscì invece a sorprendere il mondo della danza quando riprese gli antichi nella composizione dei suoi spettacoli ed il pubblico per l’espressività e l’interpretazione che la caratterizzavano. La Sallé concepiva la danza come un’arte capace di comunicare qualità e sentimenti umani ed in ciò riprese le idee di John Weaver. Assertore del sentimentalismo, egli considerava la possibilità di muovere gli affetti come la funzione primaria delle arti e riteneva che la danza dovesse avere un duplice intento: tendere al divertimento e all’ammaestramento. Si percepiva così, in questo inizio di secolo, la necessità di accentuare l’efficacia espressiva e di sviluppare la forma del ballet d’action. Quest’ultimo veniva considerato come imitazione della natura: gli eccessi formali del virtuosismo suscitarono il bisogno di restituire alla danza la capacità di rappresentare le situazioni e le passioni umane. Per il grande coreografo Jean-Georges Noverre la danza poteva rappresentare la natura solo grazie all’azione imitativa del ballo-pantomimico. Noverre doveva forse la sua visione artistica anche all’influenza ricevuta dall’incontro con la Sallé. Le radici artistiche di questa ballerina affondavano nelle tecniche espressive della Commedia dell’Arte, con cui venne in contatto da bambina. Il suo intento, oltre alla tecnica ed alla belle dance, era quello di caratterizzare i personaggi con un’azione coerente. Fu anche per questo che acquisì celebrità ed ammirazione dal pubblico aristocratico ed in particolar modo dai Regnanti e dai membri della corte, tanto da permettersi di sfidare la moralità dei benpensanti quando si presentò in scena vestita di un semplice abito di mussolina con sottogonna e corsetto. Non lo fece per scandalizzare, ma per coerenza artistica.
Pur essendo figure antitetiche ed apparentemente inconciliabili, Marie-Anne de Camargo e Marie Sallé non possono essere considerate esclusivamente nella loro singolarità. I loro nomi sono strettamente correlati sia per le rispettive carriere artistiche e per le estetiche che rappresentavano sia per le loro differenti personificazioni del femminile. Le due metà che si completano con il loro accostamento, che assumono significato solo in relazione all’altra. Le loro innovazioni nella danza, nel gusto artistico ed estetico, nell’evoluzione del costume teatrale e femminile e nell’emancipazione della donna vanno considerate come elementi fondanti del progressivo evolversi e mutarsi dell’arte scenica e della società. La loro non fu una rivoluzione categorica e sovvertiva; non capovolsero l’ordine culturale e le consuetudini teatrali a loro contemporanee, ma le riforme che apportarono s’insinuarono nel processo evolutivo in atto, radicandosi indissolubilmente nella cultura artistica che le avrebbe succedute.
(Continua con la biografia)
Louis-Michel Van Loo, Presunto ritratto di Mlle Sallé, XVIII sec., Tours, Musée des Beaux-Arts.
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