La Cenerentola di Cannito, oscura e avvincente come un film di Tim Burton
La musica che Prokofiev scrisse per il balletto Cenerentola tra il 1940 e il 1944 rifletteva la tragedia delle sofferenze subite a causa della guerra e nello stesso tempo intravedeva la luce della speranza nel futuro. La prima coreografia fu firmata da Rostislav Zakharov (coreografo russo, ballerino, direttore d’opera e professore all’Accademia delle Arti a Mosca) e il libretto fu a cura di Nikolaj Volkov, tratto, come sappiamo, dalla celebre fiaba di Charles Perrault. La rappresentazione per problemi organizzativi del Teatro avvenne il 22 novembre 1945 al Teatro Bol’šoj di Mosca.
Da allora il balletto è stato rappresentato dalle più grandi compagnie di danza del mondo e con varie coreografie tanto classiche che contemporanee. Quella vista il 9 gennaio al Politeama di Genova con la regia e coreografia di Luciano Cannito rientra senza dubbio nel filone tradizionale, ma con un approccio molto fantasioso che ci riporta ad alcuni film di Tim Burton.
Il Direttore del Roma City Ballet Company, una delle formazioni italiane più recenti, ci presenta una Cenerentola sognante spalleggiata dal padre ancora in vita che, benché succube della moglie arpia, è sempre accanto alla figlia con la quale legge libri di favole e poesie che fanno fantasticare entrambi. L’essere stata gentile con la vecchia fioraia, alias Fata Smemorina, farà sì che la piccola e dolce Cenerentola riesca a raggiungere il ballo del Principe a dispetto di matrigna e sorellastre.
Ed è proprio in questo ballo che si ammirano le coreografie di Cannito immerse in un’atmosfera quasi surreale suggellata da tinte blu come la notte e come i bellissimi costumi dei vari danzatori (firmati Giusi Giustino), fino allo scandire della Mezzanotte in cui le note di Prokofiev segnano il clima drammatico dell’episodio finale del secondo atto. I rintocchi dell’orologio, proiettato sul fondo della scena, annunciano la fine dell’incantesimo e richiamano Cenerentola alla sua povera condizione.
Da quel momento nasce la desolazione del principe che farà di tutto per ritrovare la ragazza che gli ha conquistato il cuore quella notte viaggiando dalla Spagna fino ai paesi orientali, dove avrà modo di incontrare donne bellissime che comunque non hanno il piede giusto per calzare la famosa scarpetta persa da Cenerentola.
Bravissime le due soliste della compagnia Lucrezia Iovanella e Chiara Ferraioli, rispettivamente nella danza spagnola e la danza araba; ottimo anche Giovanni Spagnolo, cerimoniere e giullare di corte alle prese con le insidie da parte di matrigna e sorellastre. Straordinario Manuel Paruccini, qui nel ruolo della matrigna (già apprezzato in quello di Rothbart ne Il lago dei cigni sempre di Cannito) e perfetta Ksenia Ovsyanick, prima ballerina dello Staatsballett Berlin, in Cenerentola, accompagnata da Dinu Tamazlacaru, danzatore moldavo, anche lui primo ballerino del Balletto di Stato di Berlino. Insomma un balletto che merita senz’altro di essere visto dagli amanti della danza ma anche da chi se ne intende meno, perché assolutamente godibile da ogni punto di vista.
Cenerentola è stato prodotto da Fabrizio Di Fiore, imprenditore romano che crede nell’arte e che ha deciso di investire nello spettacolo dal vivo. A lui va senz’altro il merito di pensare che ancora oggi valga la pena di credere nella danza di repertorio che, ahimè, oggi è stata addirittura eliminata nella maggior parte degli enti lirici italiani. Ed è grazie a persone come lui e Luciano Cannito che le favole più amate nella danza continuano ad andare in scena e ad appassionare il pubblico, registrando sold out in ogni loro riedizione.
Francesca Camponero