Dal balletto classico al teatro musicale, la doppia vita artistica di Jerome Robbins al New York City Ballet e a Broadway
Jerome Robbins è stato una figura poliedrica nel panorama artistico del XX secolo, capace di lasciare un’impronta indelebile sia nel balletto classico che nel teatro musicale di Broadway. La sua carriera è un esempio emblematico di come sia possibile attraversare e unire mondi artistici apparentemente distanti, creando un linguaggio coreografico unico e innovativo. Nato a New York l’11 ottobre 1918, Robbins ha vissuto e lavorato in un periodo di grande fermento culturale, contribuendo in modo significativo allo sviluppo della danza e del teatro negli Stati Uniti e nel mondo.
La formazione di Robbins è stata profondamente influenzata dalla sua città natale, un crogiolo di culture e stili artistici diversi. Fin da giovane, mostrò interesse per varie forme d’arte, tra cui la musica, la letteratura e, naturalmente, la danza. Iniziò a studiare danza classica sotto la guida di maestri come Ella Daganova e Eugene Loring, ma fu la sua esperienza con il coreografo Antony Tudor all’American Ballet Theatre a segnare una svolta nella sua formazione. Tudor, noto per le sue opere psicologiche e narrative, influenzò profondamente la visione artistica di Robbins, spingendolo a esplorare la profondità emotiva e la complessità dei personaggi attraverso il movimento.
Nel 1940, Robbins entrò a far parte dell’American Ballet Theatre come danzatore, distinguendosi rapidamente per le sue capacità interpretative e tecniche. Tuttavia, fu la sua transizione alla coreografia a rivelare il suo vero talento. Il suo primo grande successo coreografico fu “Fancy Free” nel 1944, creato in collaborazione con il compositore Leonard Bernstein. Quest’opera, che racconta le avventure di tre marinai in licenza a New York durante la Seconda Guerra Mondiale, combinava elementi di balletto classico con movimenti ispirati alla danza popolare e al jazz. “Fancy Free” non solo fu un successo di pubblico e critica, ma segnò anche l’inizio di una lunga collaborazione con Bernstein e pose le basi per il futuro musical “On the Town”.
La capacità di Robbins di fondere stili diversi e di creare opere che riflettessero la realtà contemporanea lo rese un innovatore nel mondo del balletto. Nel 1949, fu invitato da George Balanchine a unirsi al New York City Ballet (NYCB), dove divenne assistente direttore artistico. Al NYCB, Robbins contribuì significativamente al repertorio della compagnia, creando opere come “The Concert” e “Dances at a Gathering“. Queste coreografie dimostravano la sua versatilità e la sua capacità di esplorare temi sia comici che profondi, sempre con una particolare attenzione alla relazione tra musica e movimento.
Parallelamente al suo lavoro nel balletto, Robbins continuò a coltivare la sua passione per il teatro musicale. Il suo coinvolgimento a Broadway lo portò a dirigere e coreografare alcuni dei musical più iconici della storia americana. “West Side Story“, presentato per la prima volta nel 1957, è forse il suo capolavoro più noto. In questa rivisitazione moderna di “Romeo e Giulietta”, Robbins utilizzò la danza come mezzo per esprimere le tensioni sociali e culturali tra due gang rivali di New York. La sua coreografia combinava balletto, jazz e danza latina, creando sequenze che erano al contempo esteticamente spettacolari e profondamente emotive. “West Side Story” non solo rivoluzionò il teatro musicale, ma stabilì nuovi standard per l’integrazione tra danza, musica e narrazione.
Un altro esempio della sua maestria nel teatro musicale è “Fiddler on the Roof” (1964), in cui esplorò le sue radici ebraiche attraverso la storia di Tevye, un lattaio in un villaggio ebraico della Russia zarista. Robbins integrò danze tradizionali ebraiche con movimenti teatrali, creando una coreografia che arricchiva la narrazione e approfondiva i temi dell’identità culturale e della tradizione.
La doppia vita artistica di Robbins, divisa tra il balletto classico e Broadway, non era semplicemente una questione di alternanza tra due mondi, ma piuttosto un continuo dialogo tra essi. Le sue esperienze a Broadway influenzarono il suo lavoro nel balletto e viceversa. Ad esempio, la sua attenzione alla caratterizzazione dei personaggi e alla narrazione si rifletteva nelle sue coreografie per il NYCB, dove anche opere astratte come “Glass Pieces” (1983) portavano con sé un senso di storia e di umanità. Allo stesso tempo, il rigore tecnico e l’eleganza del balletto classico arricchivano le sue creazioni per il teatro musicale, elevando la qualità della danza a Broadway e contribuendo a ridefinire il ruolo del coreografo in quel contesto.
Robbins era noto per il suo approccio esigente e perfezionista. Pretendeva il massimo dai suoi danzatori, spingendoli a esplorare non solo le loro capacità tecniche, ma anche la profondità emotiva dei loro personaggi. Questa ricerca della perfezione spesso portava a tensioni e conflitti all’interno delle compagnie, ma i risultati erano opere di straordinaria qualità e impatto. Il suo metodo di lavoro era caratterizzato da una meticolosa attenzione ai dettagli e da un’insaziabile curiosità artistica, che lo portava a sperimentare nuove forme e a sfidare le convenzioni.
La collaborazione con altri artisti fu un elemento chiave nella carriera di Robbins. Oltre a Bernstein, lavorò con compositori come Stephen Sondheim e arrangiatori come Robert Prince, creando sinergie che arricchivano le sue opere. Queste collaborazioni gli permisero di esplorare nuovi territori artistici e di integrare la danza in modo più profondo all’interno della struttura narrativa e musicale dei musical.
Nonostante i suoi successi, la vita di Robbins non fu priva di controversie. Durante l’era del Maccartismo negli anni ’50, fu convocato dalla Commissione per le Attività Antiamericane e, sotto pressione, fece i nomi di colleghi sospettati di simpatie comuniste. Questa decisione gli causò un profondo senso di colpa e influenzò la percezione pubblica della sua figura per molti anni. Tuttavia, riuscì a continuare la sua carriera, dedicandosi con rinnovata passione alla creazione artistica.
Negli anni ’80 e ’90, Robbins tornò a concentrarsi maggiormente sul balletto, creando nuove opere per il NYCB e riprendendo alcune delle sue coreografie precedenti. La sua influenza sulla compagnia e sulla danza americana in generale fu riconosciuta attraverso numerosi premi e onorificenze, tra cui il Kennedy Center Honors e un premio Oscar per la co-regia del film “West Side Story” nel 1961.
La sua morte nel 1998 segnò la fine di un’epoca, ma la sua eredità continua a vivere attraverso le sue opere, che vengono ancora rappresentate in tutto il mondo. Robbins ha lasciato un segno indelebile nella storia della danza e del teatro, dimostrando come l’integrazione di stili e linguaggi diversi possa portare a nuove forme di espressione artistica. La sua capacità di attraversare i confini tra il balletto classico e il teatro musicale ha aperto la strada a nuove generazioni di coreografi e ha contribuito a ridefinire il ruolo della danza nella cultura contemporanea.
Il suo lavoro continua a essere studiato e apprezzato non solo per la sua qualità artistica, ma anche per la sua rilevanza culturale e sociale. Robbins ha saputo catturare lo spirito del suo tempo, affrontando temi come l’identità, l’appartenenza e il conflitto sociale, e rendendoli accessibili attraverso il linguaggio universale della danza. La sua visione artistica, radicata nella convinzione che la danza possa essere un potente mezzo di comunicazione e di espressione umana, rimane una fonte di ispirazione per artisti e appassionati di tutto il mondo.
In conclusione, Jerome Robbins rappresenta un esempio eccezionale di come un artista possa trascendere le categorie e i generi, creando un corpo di lavoro che è allo stesso tempo profondamente personale e universalmente significativo. La sua doppia vita artistica al New York City Ballet e a Broadway non è semplicemente una curiosità biografica, ma il fulcro di una carriera dedicata all’esplorazione delle potenzialità della danza come forma d’arte completa e integrata. Il suo contributo ha arricchito il panorama artistico del XX secolo e continua a influenzare il modo in cui concepiamo e viviamo la danza oggi.
[Nella foto in alto il New Yok City Ballet esegue la coreografia di Jerome Robbins “Glass Pieces”]
A cura di Alberto Soave