Aspettando Danza con me di Roberto Bolle

Inizio a scrivere queste poche note quando manca poco più di mezz’ora all’edizione 2022 di Danza con Me, la trasmissione di Roberto Bolle che da qualche anno a questa parte inaugura il palinsesto serale di RAI1 il primo dell’anno. Non sto a fare l’elenco degli invitati, danzatori, musicisti, attori, donne e uomini dello spettacolo che parteciperanno questa sera, perché è già stato pubblicato su numerose testate sia online che cartacee. e, quindi, immagino che sia ben noto agli appassionati.

Voglio invece cercare di illustrare quelle che sono le mie aspettative, per poi verificarle domani, a posteriori. Un esercizio che non penso sia sterile accademia, perché quello che è in gioco è il destino della danza in Italia. Roberto Bolle sta spendendo moltissimo il suo nome e la sua immagine in una operazione di “restituzione” alla danza di quello che la danza gli ha dato. Un personaggio come l'”étoile dei due mondi” sente di avere ricevuto moltissimo dal balletto (d’altra parte, come tutti i grandissimi, avrebbe danzato anche solo per pura passione) e, da qualche anno a questa parte, si è impegnato in una operazione di  divulgazione della sua arte in tutte le forme possibili: in teatro, con i Bolle & Friends, su Internet con la sua piattaforma ondance e, appunto, in televisione (senza dimenticare l’audizione in Parlamento qualche giorno fa).

E qui la sfida è enorme, perché il piccolo schermo male si presta a valorizzare questa forma di spettacolo e occorre trovare una chiave rappresentativa che risolva le notevoli problematiche che si incontrano quando si cerca di mostrare la danza in televisione. Lo schermo dell’elettrodomestico ci restituisce una immagine in due dimensioni, quando la danza necessità delle tre dimensioni per essere pienamente apprezzata. L’altro giorno, mentre guidavo, ho avuto modo di ascoltare una trasmissione radiofonica nella quale intervistavano il regista dello spettacolo “Rigoletto al Circo Massimo”, che spiegava come aveva posizionato le telecamere e come aveva usato quelle mobili per insinuarsi fra i cantanti dell’opera verdiana e rendere in forma cinematografica la rappresentazione. Ma i cantanti stanno fermi, o si muovono pochissimo e lentamente. Quindi, questa strada non è probabilmente percorribile per il balletto.

Qualcuno, fra i puristi, critica la contaminazione di genere fra balletto classico, contemporaneo, musical, circo, ecc. ecc. Io credo, invece, che la contaminazione sia la base dell’evoluzione di ogni forma d’arte e che ce ne sia troppo poca. D’altra parte i coreografi lavorano anche con la nazionale italiana di nuoto sincronizzato (anche se ha cambiato nome), con diverse discipline del pattinaggio e con la nazionale di ginnastica ritmica, le “Farfalle” che questa sera si esibiranno con Bolle.

E sono anche convinto che presto ne vedremo delle belle, quando l’intelligenza artificiale avrà creato gli strumenti per rivoluzionare – o meglio, far evolvere – gli attuali mezzi di comunicazione visiva. La danza sarà all’altezza di questa sfida? Lo spero con tutto il cuore e sono convinto, pur non avendone la certezza perché non ho mai avuto l’occasione di confrontarmi direttamente con loro, che questa sia una opzione su cui lo staff di Roberto Bolle sta ragionando.

Alberto Soave

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