Molto Corpus meno pathos nell’ultimo spettacolo de Les Ballets de Montecarlo
Il nuovo titolo de Les Ballets de Montecarlo, in scena dal 25 al 28 aprile al Grimaldi Forum di Montecarlo, CORPUS, spiega ampiamente ciò che si vedrà nelle due creazioni proposte: le capacità che il corpo umano può avere nel manifestare lo stato dell’animo.
Diviso in due parti assolutamente distinte e differenti tra di loro lo spettacolo presenta ancora una volta le straordinarie potenzialità di un corpo di ballo dai mille volti, capace di usare tanto le scarpe da punta che i piedi nudi con la stessa disinvoltura.
Il balletto si apre con la coreografia di Goyo Mantero intitolata “ATMAN”, dove tutti i ballerini sono distesi a terra per poi arzarsi uno alla volta o a piccoli gruppi per formare poi una grande marea umana che sviluppa il concetto di un “sé unificato”. Del resto atman è un termine sanscrito che indica l'”essenza” o il “soffio vitale” ed è proprio un grande respiro quello che il corpo di ballo esprime attraverso la danza che muove i ballerini come fossero un’onda del mare che prende spazio nel palcoscenico nudo, senza scenario, solo illuminato fiocamente (anche troppo fiocamente).
I danzatori indossano tute aderenti di colore ocra-rosso (Jean-Michel Lainé) che risaltano i movimenti in cui l’orizzontale discute col verticale segnato dai ritmi meccanici e toni smorzati della musica firmata da Owen Belton. Il loro è un flusso continuo che pare un cuore pulsante in cui gambe e braccia che fuoriescono dal gruppo hanno l’effetto di stille di sangue che permettono il palpitare della vita. Alcuni di loro schizzano fuori dal gruppo, corrono, si incontrano, si abbracciano, si staccano, mentre il resto del gruppo seduto a terra disegnando un quadrato osserva come in un rituale di danza tribale. L’individualità sembra non avere la meglio sul gruppo che, predominante, ingloba in sè l’individualità o, se vogliamo, l’individualismo.
Ma se l’intrigante balletto del primo tempo ci riporta ad una consueta esecuzione di danza già vista ed apprezzata in questa compagnia, quello che sorprende è l’inaspettata coreografia della seconda parte ad opera di Jean-Christophe Maillot. CORE MEU, questo il titolo, è stata creata su sette brani di musica italiana, precisamente di musica tradizionale pugliese, eseguita dal vivo sul palco dal gruppo di Antonio Castrignanò e il Taranta Sound. Non è chiaro perchè il coreografo francese abbia sentito la voglia di tradurre un modo di sentire italiano non essendo lui nato nel nostro paese. E non diciamo questo a caso in quanto purtroppo nel lavoro di Maillot non esce fuori alcuna italianità verace. I danzatori ballano con energia e vitalità, certo, e sembra anche si divertano molto in quello che appare come un rituale giubilante. Ma a cominciare dai costumi azzurro bianchi fatti di tulle leggero, sembra più di assistere ad una festa nunziale greca che ad una taranta del Salento. Ricordiamo per altro che la taranta affonda le radici in uno dei fenomeni più affascinanti custoditi dalla saggezza e dalla cultura popolari italiane, le sue origini storiche sono antichissime, intrise di magia e mistero. La taranta nasce infatti come una “medicina”: capitava molto spesso infatti, specie durante il raccolto, che i contadini si sentissero male, e si credeva che a causare tale malessere fosse il morso di un ragno. Dolori addominali, deliri, depressione e catatonia erano i sintomi tipici dei “tarantolati”. Le vittime cadevano in un vero e proprio stato di trance contro il quale la medicina tradizionale non poteva nulla e l’unico modo per far “uscire” il male sembrava quello di sottoporre il malato al suono ossessivo del tamburello, a volte anche per intere settimane. Insomma un vero e proprio “esorcismo musicale”.
Ma nelle danze di Maillot non traspare alcuna sofferenza, tutto è esclusivamente festoso. Lo è nei volti sorridenti dei ballerini, nei loro sguardi accattivanti e desiderosi di fare all’amore, fino all’ultima sarabanda frenetica che sembra il chiudersi di una serata ad un villaggio turistico del Club Mediterranèe. La febbre epidemica contamina anche il pubblico che si alza in piedi e comincia a battere le mani facendo eco al ritmo della musica mentre gli artisti dei Ballets de Monte-Carlo scendono in sala ad incitare il proseguire degli applausi.
Francesca Camponero
[Nella foto in alto: Atman]