Come Back to Italy, a Bari un trittico molto concettuale

Quale migliore Giornata Mondiale della Danza si poteva festeggiare se non una in antitesi rispetto ai dettami di Jean-Georges Noverre? Una doppia serata dedicata al riformatore per eccellenza del balletto sì, ma proponendo temi e contenuti lontani anni luce e secoli da quanto pensato, scritto e coreografato dall’illustre illuminista.

Scriviamo della Giornata Mondiale della Danza vista al Teatro Abeliano di Bari, a chiusura della stagione DAB18, con la compagnia Altradanza di Domenico Iannone a disposizione sua e di due coreografi ospiti per l’occasione. Una serata eterogenea per il sempre più esigente pubblico barese, stavolta chiamato a teatro per “Come back to Italy” di Domenico Iannone, Ana Presta ed Orazio Caiti.

Tre nomi per altrettante coreografie e provenienze assolutamente differenti nella cornice sempre più trasversale del Teatro Pubblico Pugliese rappresentato da Gemma di Tullio e dei teatri di Bari. Una sinergia che ormai ha lanciato Bari e la Puglia intera nel novero delle regioni virtuose della danza e dello spettacolo dal vivo.

Proprio come dimostrato da “Come back to Italy”, titolo a tre teste voluto fortemente da Domenico Iannone per implementare oltremodo il repertorio della sua compagnia Altradanza e, soprattutto, per proporre tre cifre coreografiche all’Abeliano Danza che ha cominciato a dirigere da qualche tempo a questa parte. E nel raccontare la serata ci pare indispensabile mettere in evidenza il bello, ovvero la chiave di lettura comune a tutti e tre i titoli di questa inedita trilogia, letto, raccontato ed interpretato in tre diversi punti di vista ma con il comune denominatore della non-narrazione. Proprio il contrario di quanto cercato fortemente da Jean-Georges Noverre, il celebre e storico festeggiato rifondatore del balletto dello scorso 29 aprile, quasi rinnegato in scena dagli interpreti di Altradanza. ma rinnegato in che senso?

Ce lo hanno spiegato in coro i tre coreografi Iannone, Presta e Caiti: non ci siamo sognati neanche minimamente di smentire il maestro Noverre, ci mancherebbe! Semmai abbiamo voluto invitare il pubblico a riflettere insieme a noi sul concetto di bellezza, senza però cedere alla tentazione di sbirciare tra i versi e la prosa dei nomi illustri della letteratura. Abbiamo voluto focalizzare l’attenzione sulla teoria della bellezza e non necessariamente sulla forma, lasciando al pubblico l’opportunità di ammirare gli interpreti ed i loro movimenti per scegliere il bello in ciascuno. Era un’operazione molto audace che ci è piaciuta e che abbiamo realizzato apposta per il Teatro Abeliano di Bari e per questa giornata speciale di danza.

Obiettivi e finalità che poi si sono riversate in scena con i tre titoli: “D” di Orazio Caiti ed “Octet” di Domenico Iannone con musiche di Grazia Bonasia e “Resonance” di Ana Presta con spartiti di Daniel Craig e Francesco Tristano.

Una miscellanea che ha condotto il pubblico per mano nei meandri di una serata molto concettuale, cominciando da “D” di Orazio Caiti, centrato essenzialmente sul senso della pura estetica e della naturale visione del bello. E dunque il coreografo ex Aterballetto si è lanciato a capofitto nel suo titolo senza testo, senza sinossi e né tantomeno riferimento alla letteratura ma, di contraltare, affidandosi ciecamente alle pulsazioni impercettibili nello spazio con le meravigliose musiche di Grazia Bonasia.

Autrice che ha composto peraltro le musiche anche per “Octet”, attingendo dal repertorio di Niccolò Piccinni e da un universo sonoro inedito. Proprio come accaduto e percepito nelle trame coreografiche di Domenico Iannone, impegnato con “Octet” sulle corde della sua Altradanza, compagnia sempre più trasversale nelle cifre stilistiche e contenutistiche. In un caos che diviene ben presto il leitmotiv dell’ultimissimo titolo partorito dal prolifico Iannone, impegnato stavolta ad accompagnare gli elementi ad aggiungersi e disgregarsi sapientemente tra loro.

Tutto a cornice della coreografa Ana Presta, così cara a William Forsythe ed al suo immaginifico repertorio. Qui l’argentina/italiana ha cercato una propria definizione di bello attraverso le vibrazioni del corpo, ovvero le primitive sensazioni che con “Resonance” vogliono proprio spiegarci l’enorme risonanza che possono avere attraverso il corpo di ognuno di noi. Un modo come un altro di raccontare la quotidianità attraverso gli impercettibili scambi tra i ballerini e tra tutti gli uomini e tutte le donne pensate per l’occasione da Ana Presta.

Massimiliano Craus

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